Lucio Negri, PS Mendrisiotto e Basso Ceresio
MENDRISIO - Quello che sta accadendo in questi giorni in alcune aziende del Mendrisiotto deve preoccupare e allarmare non solo i sindacati e i lavoratori, ma l’intera classe politica, soprattutto quella momò. Stiamo assistendo ad un esperimento inquietante, da parte del padronato, di sferrare il colpo di grazia al mercato del lavoro della zona di confine.L’obiettivo è quello di aggirare l’introduzione in seno alla propria azienda di un salario minimo, votato dalla popolazione e inserito nella costituzione cantonale, per continuare a praticare il dumping salariale, favorendo la mano d’opera non qualificata, per poter continuare a sfruttare la posizione e le condizioni socio economiche del Ticino senza portare alcun valore aggiunto, ma lucrando sulle spalle dei propri dipendenti.
Questo si è reso possibile grazie a una “scappatoia” che la legge sul Salario minimo darebbe ai datori di lavoro, ovvero quella di aderire a un Contratto collettivo di lavoro(CCL). I CCL dovrebbero essere uno strumento sindacale per garantire pari condizioni di lavoro in uno specifico settore lavorativo. Se il sindacato è degno di tale nome, durante la stipula di un CCL si cerca di apportare condizioni migliori rispetto alle condizioni minime imposte dalla legge. In questo caso invece il CCL è usato per NON garantire ciò che la legge sul Salario minimo impone, ma bensì garantire alpadronato la stessa forza contrattuale precedente per continuare a pagare i propri dipendenti al di sotto di quanto considerato dignitoso dalla nostra Costituzione.
Il “sindacato” che si è prestato a tale operazione è la fantomatica associazione TiSin, i cui esponenti portano il nome, tra gli altri, di Boris Bignasca e Sabrina Aldi, volti di spicco della Lega dei ticinesi, quel partito che per trent’anni ha sbraitato contro i frontalieri, contro chi veniva per un tozzo di pane a portare via il lavoro ai ticinesi. Proprio la Lega, quella che negli ultimi 10 anni, con due Consiglieri di Stato e una maggioranza relativa in parlamento, non ha mai realmente tentato di arginare il numero di frontalieri che ha ormai superato le 70mila unità, si è ben guardata in questi anni dal votare qualsivoglia proposta per migliorare le condizioni di lavoro in Ticino a favore della classe lavoratrice. Con questa ultima trovataparte della classe politica leghista si traveste goffamente da sindacato offrendo la propria collaborazione ai padroni che vogliono continuare a sfruttare la forza lavoro in condizioni che la nostra costituzione cantonale consideraal di sotto di quanto definito “per assicurare un tenore di vita dignitoso”.
Oggi “TiSin” , come già scritto da Giangiorgio Gargantini di Unia: “ha creato un quadro legale ad hoc per poter continuare a sfruttare coloro che fingono di voler allontanare dal mercato del lavoro ticinese. E prendendosi per altro gioco in modo evidente della volontà popolare.”
Di fronte a questo sopruso delle leggi, dei diritti e della dignità delle lavoratrici e dei lavoratori, sia i sindacati, sia i partiti devono prendere una posizione chiara e netta sulla vicenda. Se davvero si vuole un miglioramento delle condizioni di lavoro nel Mendrisiotto e in generale in Ticino, episodi come quelli a cui stiamo assistendo vanno condannati e creata una pressione tale da obbligare i datori di lavoro a tornare sui propri passi e far fronte a quanto previsto dalla Costituzione, senza più dare spazio di manovra ad associazioni montate ad hoc che di sindacale non hanno neanche il minimo.