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L'OSPITEGli infermieri non sono degli eroi

28.10.21 - 16:53
Simone Romeo, pedagogista
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Gli infermieri non sono degli eroi
Simone Romeo, pedagogista

Un anno fa ho scritto una prima versione di questo articolo, che necessita, in virtù del tempo trascorso, di essere attualizzato in vista della votazione dell’“Iniziativa sulle cure infermieristiche” del prossimo 28 novembre. Nell’autunno del 2020 si stava entrando nella cosiddetta “seconda ondata” della pandemia, e si tornava, giustamente, a discutere delle condizioni di lavoro di infermiere e infermieri. Già il fatto che si tornasse a discuterne, dopo quella che potremmo definire eufemisticamente un’illusoria tregua estiva, indicava come la politica fosse colpevolmente in ritardo, adagiata – tra le altre cose – su quella che definivo retorica degli eroi.

Le informazioni diffuse lo scorso anno dalla Società svizzera di medicina intensiva, riportavano un vissuto sacrificale e di abbandono da parte degli infermieri delle terapie intensive. Dopo agli applausi dai balconi della popolazione durante il primo lockdown, e i proclami di molti politici – abili soltanto a cavalcare il momento sui media e i social con prese di posizione strappa-lacrime e acchiappa-consensi, alle quali non sono seguite neppure le azioni minime, che in Ticino potevano essere, per esempio, l’adeguamento dei regolamenti comunali alle condizioni di lavoro e salariali dell’EOC – quello che restava concretamente alle infermiere, erano turni di lavoro fino a sessanta ore e condizioni di lavoro faticose, rischiose e diffusamente insufficienti.

In quel periodo, inoltre, si discuteva del fatto che in Svizzera, dopo quindici anni di servizio, metà degli infermieri abbandona la professione. Emergeva, contestualmente, anche una carenza di posti di formazione in Ticino, per una delle professioni che sarà sempre più necessaria in futuro, che si somma a problemi relativi alla carenza di condizioni d’impiego adeguate all’onere lavorativo e formativo richiesto a questi professionisti.

Sì, perché infermiere e infermieri sono dei professionisti, non degli eroi. Studiano, si formano, si specializzano, lavorano grazie alle conoscenze e all’esperienza accumulata sul campo, faticano nel conciliare lavoro e famiglia, soffrono, si ammalano. Non sono dotati di nessun potere. Non prendono decisioni extra-legge sul destino altrui. Non vivono della fama di cui li si è circondati in questi anni. Non hanno diritto a nessun trattamento speciale rispetto agli altri cittadini. Quella di cura è una professione prosaica, cioè che deve confrontarsi con il faticoso e spesso poco incantevole quotidiano, e non poetica (con tutto il profondo rispetto che la poesia merita, anche nelle prassi di cura), cioè, in questo specifico caso, ancorata a un’astratta e supposta nobiltà d’animo, che trova appagamento nell’attività in se stessa.

Quello che va riconosciuto a infermiere e infermieri è lo sforzo – questo sì, forse, potrebbe essere definito “eroico” – che hanno fatto e tutt’ora stanno facendo in relazione (ma non esclusivamente, beninteso) alla situazione emergenziale. Giova ribadire che il loro non è un sacrificio per un ideale; che non sono missionari che operano per rinfrancare il loro spirito (qualcuno li ha addirittura definiti “angeli”, in sprezzo all’acquisita laicità della professione). La loro fatica deve trovare (almeno) un’adeguata compensazione nel salario, nelle vacanze, nelle opportunità formative, e – spauracchio per molti – in forme di autonomia decisionale ed economica rispetto alle prestazioni.

L’iniziativa «Per cure infermieristiche forti», pochi mesi prima dello scoppio della pandemia, è stata rifiutata, con evidente “lungimiranza” politica, prima dal Consiglio Federale e poi dal parlamento. Quest’ultimo ha approvato un controprogetto del tutto aleatorio e insufficiente, pur di “evitare un aumento dei costi della salute” e di non scontentare le lobby legate alle assicurazioni malattia, che nel frattempo continuano a lucrare sulla pelle dei cittadini.

Il destino di quest’iniziativa non riguarda solo la categoria professionale che promuove l’iniziativa. È una rivendicazione settoriale che, tuttavia, vede in questo caso un interesse generale relativo all’accessibilità a sistemi di cura di qualità per tutta la cittadinanza. Un aumento del benessere lavorativo di infermiere e infermieri, è un aumento del benessere collettivo di chi ricorre ai sistemi di cura. Il 28 novembre, votiamo un convinto SÌ all’iniziativa. I promotori hanno ragione: gli applausi, decisamente, non bastano.

 

 

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