Amalia Mirante
Al congresso del Partito Socialista il 13 novembre, la Direzione del partito presenterà una proposta di lista basata su una premessa infondata e pericolosa: il consigliere di stato socialista non sarebbe in pericolo, quindi non avremmo bisogno di fare una lista competitiva perché uno lo faremmo comunque e due non li faremmo in ogni caso.
È un ragionamento fallace e azzardato.
Chi pensa che sarà una passeggiata non sta prestando la sufficiente attenzione a quanto succede in Europa e in Svizzera.
La vittoria di Meloni e alleati in Italia porterà a quello che sarà il governo più a destra del dopo guerra. Ciò giunge poche settimane dopo un’altra affermazione della destra, in Svezia.
In Francia, Marine Le Pen è arrivata per l’ennesima volta al ballottaggio conseguendo un risultato storico: quasi il 42% dei voti. In quella elezione si sono affrontati il centro-destra di Macron e la destra-destra del Rassemblement National; quel che è restato della sinistra è stata a guardare (il partito socialista che fu di Mitterrand ha da tempo cessato purtroppo di esistere).
In Svizzera i primi sondaggi danno Verdi e PS in perdita alle federali del prossimo anno ma possiamo per ora ignorarli. Meno facile ignorare i risultati delle votazioni che abbiamo perso (comprese quelle recentissime). Essi mostrano che fatichiamo a farci capire e non riusciamo a convincere. Dall’allevamento intensivo all’AVS, dal decreto Morisoli a Frontex, dall’iniziativa 99% al pacchetto media, fino alla legittima difesa, stentiamo a far passare le nostre tesi e proposte. Soprattutto i dati smentiscono l’idea ingenuamente ottimista che l’esprit du temps sarebbe favorevole alla sinistra rossoverde.
A questo contesto politico dobbiamo sovrapporre quello socioeconomico, mai così difficile negli ultimi vent’anni.
La crisi economica mette in difficoltà le ricette di tutti comprese quelle socialiste; la crisi energetica marginalizza le tesi verdi fatte proprie anche dal PS; l’inflazione galoppante minaccia il potere d’acquisto delle fasce popolari che si suppone dovrebbero votare per noi ma preferiscono altri; la fragilizzazione del lavoro ci sottrae il nostro classico referente sociale, il lavoro salariato, mentre non riusciamo a trovare modi di dialogare con i nuovi soggetti del lavoro.
È veramente la tempesta perfetta.
Stando così le cose, i socialisti devono produrre una lista forte e competitiva al proprio interno che possa permette un vero confronto e offrire a elettrici ed elettori una vera scelta: una lista insomma che sappia massimizzare il consenso, perché al suo interno si trovano rappresentate diverse posizioni, idee plurali, tesi non monolitiche, portati da candidate e candidati non tutti uguali tra loro.
Se ci si dà ragione tra di noi, se si distribuiscono patenti di ortodossia, se conta di più essere fedeli alla linea che vincere, perderemo. D’altronde, vincere non è fine a se stesso ma serve per poter incidere nella società. E la lista al Consiglio di Stato influenzerà il risultato di quella per il parlamento dove non possiamo permetterci di perdere nemmeno un seggio, eventualità che appare purtroppo realistica. Per evitarlo è necessaria una mobilitazione forte di simpatizzanti e cittadini sensibili, perché la cerchia ristretta dei militanti non basterà e lo sappiamo tutti.
Se si andrà avanti in questa direzione, certo noi saremo sempre più “ideologicamente puri”, ma sempre meno numerosi. E saranno altri (Meloni docet) a modellare la società. Dal canto nostro, noi saremo corresponsabili di questa catastrofe nei confronti delle generazioni future, per aver scelto il consenso coatto propugnato da alcuni, rispetto al dialogo e alla creatività che potrebbe invece permetterci di mobilitare i cittadini e le cittadine e salvare un po’ di futuro per le generazioni che verranno.