di Luca Frei, candidato al Gran Consiglio per il Partito Comunista
Nel corso degli ultimi mesi mi sono espresso già diverse volte, tramite articoli sui portali o sui giornali ticinesi, sulla questione della neutralità svizzera. Non è dunque una novità che io e il Partito Comunista siamo schierati per una convinta difesa della neutralità del nostro Paese, in quanto sinonimo di sovranità e di progresso. Un’accusa che però spesso ci viene rivolta è che non ha senso lottare per la neutralità, dato che questa non sarebbe mai realmente esistita.
È vero: soprattutto nel corso del secolo scorso la neutralità svizzera è stata talvolta violata, ma ciò non giustifica oggi un suo abbandono. Si deve anzi lottare affinché essa venga realmente rispettata e applicata. Inoltre, quello che conta maggiormente è che a livello internazionale la neutralità Svizzera sia sempre stata riconosciuta, il che ha permesso al nostro Paese di fungere da mediatore in molti casi di conflitto e, quindi, di realmente promuovere la pace. Pensiamo ad esempio al ruolo da intermediario fra gli Stati Uniti d’America e l’Iran, ma non solo. La Svizzera ha infatti già assunto in passato il mandato di mediatore persino per la Russia, il cui ambasciatore all’ONU ha però recentemente affermato in un’intervista che il nostro Paese ha abbandonato la sua storica neutralità. Ciò si traduce in una mancanza di fiducia nei nostri confronti e non ci permette dunque più di ricoprire simili cariche.
Se in passato quindi la nostra neutralità è stata bistrattata, lo è sempre stata negli interessi di un’alta borghesia svendi-patria. Bisogna ricordare ad esempio quando durante la Guerra fredda la Svizzera iniziò un progetto (che poi fallì) per dotarsi di una propria bomba atomica, promosso in ottica antisovietica e che sigillò la dipendenza nei confronti degli Stati Uniti d’America in ambito tecnico-scientifico. Oggi però, la situazione è ben più grave e ci troviamo di fronte a un vero e proprio cambiamento di paradigma, che potrà portare unicamente conseguenze negative.
Già nel secolo scorso, i comunisti svizzeri, ma non solo loro, si sono impegnati per la difesa della neutralità e continuiamo dunque a farlo nel pieno rispetto della nostra tradizione politica. Oggi, a causa delle decisioni prese dal Consiglio federale soprattutto a partire dal febbraio 2022, il prestigio internazionale elvetico rischia di essere perso. Ciò sarebbe negativo sia per la prosperità del nostro Paese, sia per la promozione della pace nel mondo, che deve restare una delle priorità attuali. Abbandonare la neutralità significa oggi buttarsi nelle braccia della NATO, dell’UE e della guerra. Significa quindi peggiorare ancora di più le condizioni di vita della popolazione svizzera. Al contrario, difendere la neutralità significa garantire la nostra sovranità e promuovere la pace, in un momento in cui sempre più partiti ed esponenti politici (persino il Partito Socialista Svizzero con la sua proposta di permettere la riesportazione di materiale bellico in Ucraina) ci stanno portando verso una terza guerra mondiale.