Filippo Ciceri, insegnante di scuola media.
Lunedì con grande piacere rivedrò i miei alunni e ne conoscerò di nuovi. Dopo oltre vent’anni di insegnamento rimane uno dei momenti più intensi e belli dell’anno. Di quelli che occorre preservare dalle energie negative. Uno sforzo in più in questo senso me lo impone quest’anno l’agenda scolastica.
Tacerò mentre la consegnerò agli allievi. Sì, la consegnerò. Perché altrimenti finirei per metterla ancora più in risalto. Non è però affatto il caso di tacere tra adulti. Quelle vignette che, esattamente al centro dell’agenda, toccano il tema dell’identità di genere le dobbiamo guardare bene.
Il mezzo è chiaramente inappropriato, ma è il messaggio veicolato a lasciarmi davvero perplesso. Durante l’adolescenza, periodo di transizione delicato e difficile, è fisiologico che ci si interroghi sulla propria identità di genere. Ma nelle vignette in questione si va ben oltre. Si fa dire alla ragazzina che questo suo sentirsi ogni tanto maschio ogni tanto femmina “non è una cosa momentanea”, bensì “fa parte di me”, “mi appartiene”.
Tale concetto è rafforzato anche da una specifica messa in evidenza grafica. La si avvicina a tirare una conclusione sulla propria identità ad adolescenza ancora in corso, a partire da stati d’animo e percezioni di sé che invece potrebbero ancora andare incontro allo sviluppo e alle trasformazioni tipiche di questa età.
Si punzecchia così il bozzolo dentro cui avviene questo meraviglioso processo. Con il rischio di interferirvi abusivamente. Anche l’immagine della forbice che taglia il filo che unisce la ragazza all’etichetta con il simbolo femminile dà l’idea di un gesto di facile liberazione da qualcosa di artificiale imposto da altri. Si banalizza così in modo azzardato e molto superficiale il dato biologico.
E per favore basta col difendere certe cose in quanto elaborate da esperti. L’han capito tutti che per un esperto che dice sì ne si trova subito un altro che dice no. E alla fine spesso è il buon senso a farne le spese.
E non occorre molto più del buon senso per capire che mettendo la lente, in questa maniera, su un tema così delicato, in un’età così critica, oltre ad aumentare la confusione nella testa dei ragazzi si arrischia pure di fare un autogoal sul bullismo di genere.
La mia massima stima ai municipi che non consegneranno questa agenda.