Verso un nuovo paradigma difensivo.
LUGANO - In un panorama internazionale sempre più incerto, il bilancio dell'esercito svizzero è al centro di vivaci discussioni. Le voci riguardanti una carenza finanziaria di 1,4 miliardi di franchi, destinati a coprire spese legate a contratti d'acquisto già firmati, sollevano interrogativi sulla robustezza delle risorse militari elvetiche.
Nonostante le assicurazioni della consigliera federale Viola Amherd, le dichiarazioni del capo dell'esercito Thomas Süssli riguardo all'inadeguatezza delle forze armate a difendere la Svizzera in caso di attacco aggiungono un ulteriore strato di preoccupazione. La recente aggressione russa in Ucraina ha accentuato l'urgenza di rafforzare le difese, spingendo verso un graduale aumento del budget, che si prevede raggiungerà i 7 miliardi di franchi all'anno entro il 2030.
Tuttavia, la questione va oltre il mero finanziamento. A mio avviso serve una revisione radicale del modello dell'esercito. L'istituzione di un corpo di 150.000 soldati professionisti, focalizzati sull'addestramento per missioni di pace e sulla difesa dei confini svizzeri, potrebbe rappresentare la chiave per garantire un'efficace difesa del paese. Contestualmente, la leva obbligatoria, parte integrante della storia svizzera, potrebbe essere gradualmente abbandonata.
Ciò consentirebbe di liberare risorse per una forza armata altamente specializzata e professionale, pronta a rispondere alle sfide del XXI secolo. La situazione in Ucraina ha evidenziato un cambiamento radicale nel modo di condurre la guerra, con l'emergere di droni, carri armati avanzati e missili sofisticati anti-carro come i FGM- 148 Javelin. Un investimento mirato in armamenti di ultima generazione è pertanto essenziale per garantire che l'esercito svizzero sia all'altezza delle nuove minacce, assicurando la sicurezza nazionale in un panorama geopolitico in continua evoluzione.