Lorenzo Quadri, consigliere nazionale e Municipale di Lugano - Lega dei Ticinesi
L’allora direttore del DFE Dick Marty negli anni Novanta definì la Cassa pensioni dello Stato (IPCT) “la Rolls Royce delle casse pensioni”. E per decenni il Cantone è andato avanti con la Rolls Royce, quando sarebbe stato tempo di passare alla Toyota. Senza sorpresa, il risultato è un disastro. IPCT è, per quanto attiene alla situazione finanziaria, il peggior istituto previdenziale della Svizzera. Però fino all’anno scorso il suo tasso di conversione era un improponibile 6.17% quando, secondo i parametri attuariali, dovrebbe essere del 4.86%. Da quest’anno è sceso al 6.05%. Ma la media delle casse cantonali è il 5.27%.
È evidente che IPCT vive al di sopra delle proprie possibilità. Il suo tasso di copertura è infatti miserrimo, il più basso di tutte le casse cantonali: attualmente è del 64,85%. La seconda peggiore cassa è quella cantonale vodese, con una copertura al 69.72%. Poi ci sono un paio di Cantoni romandi che navigano sul 75%. Mentre ben 18 istituti previdenziali cantonali si attestano sopra il 100%. Quello del Canton Grigioni può addirittura vantare un 113.26%.
A ciò si aggiunge che IPCT ha un disavanzo di 3 miliardi di franchi, quindi superiore a quello del Cantone. Il debito pubblico cantonale è di circa 2.5 miliardi. In totale ci troviamo davanti ad un macigno di 5.5 miliardi che grava sul groppone del contribuente.
Per questo disastro ci sono dei responsabili. Ossia le varie direzioni PLR del DFE che si sono succedute nel corso dei decenni, e le maggioranze politiche di centro-sinistra che hanno sempre temporeggiato con il risanamento della cassa pensioni cantonale per non scattivarsi i funzionari statali, poiché essi (con i loro familiari) rappresentano un consistente bacino di voti. Intanto il conto di questi tatticismi elettorali lo paga il contribuente, sempre più spremuto come un limone.
I cittadini che lavorano nel privato hanno già dovuto risanare le loro, di casse pensioni. Senza alcun aiuto statale. E di certo non beneficiano – né mai beneficeranno – di tassi di conversione del 6.17%, ma semmai del 5% o anche meno. E questo vale anche per altre casse pubbliche: quella del Canton Grigioni applica il 4.7%, quella del Canton Berna il 4,8%, idem quella delle FFS.
Anche la città di Lugano negli anni scorsi ha dovuto risanare la propria cassa pensioni, che adesso ha una copertura ben superiore al 95%. Lo stesso percorso, non facile, l’hanno dovuto affrontare vari altri enti pubblici.
Con l’IPCT invece si va avanti a rattoppi pagati a carissimo prezzo dal contribuente.
Mezzo miliardo venne deciso nel 2012 dal parlamento cantonale, con l’assicurazione che poi non si sarebbe più chiesto niente. Già sette anni dopo, i vertici dell’istituto pretendevano un ulteriore mezzo miliardo. Oltretutto adducendo motivazioni inconsistenti: ad esempio il basso rendimento dei capitali. Un problema che, ovviamente, tocca tutte le casse pensioni. Però solo IPCT è allo sbaraglio.
Le misure di compensazione per le rendite pensionistiche su cui saremo chiamati a votare il prossimo 9 giugno costituiscono l’ennesima capitolazione della politica, finanziata con i soldi degli altri.
Infatti stiamo parlando di un contributo annuo di 21.8 milioni di franchi da versare “in vita eterna”; in vent’anni, fanno quasi mezzo miliardo. A ciò vanno aggiunti 293 milioni che, con magheggi contabili, IPCT alloca a favore degli assicurati. I beneficiari di questo nuovo tesoretto di cui nessuno parla saranno però i funzionari anziani con alle spalle una carriera piena e con stipendi elevati. Quindi (per usare un’immagine molto attuale in questi giorni) piove sul bagnato. Si sostengono i privilegiati, mentre i collaboratori più giovani o le donne che hanno delle interruzioni di carriera non vedranno nulla.
Tirando le somme: il conto dei “cerotti” pro-IPCT ammonta a mezzo miliardo deciso una decina di anni fa, più 21.8 milioni all’anno “da qui all’eternità” (in votazione il 9 giugno) che in due decenni fanno un altro mezzo miliardo, più i 300 milioni del tesoretto a beneficio di quelli già messi meglio. Siamo così a quota 1.3 miliardi di franchi. E non è ancora finita. C’è (almeno) il 50% di probabilità che tutto questo comunque non basterà, e che i cittadini saranno chiamati di nuovo alla cassa.
In più anche i Comuni affiliati all’IPCT dovranno metterci del loro. Il che avverrà, ovviamente, con i soldi dei contribuenti. Davanti ad una simile situazione, gli slogan di sindacalisti ed affini a favore delle misure di compensazione non si possono ascoltare. Costoro ripetono come un mantra che “lo Stato deve pagare”. Ma i soldi dello Stato non crescono sugli alberi. Sono i soldi dei cittadini.
È poi il colmo che, nel nome della “solidarietà”, adesso si pretenda di far pagare ai lavoratori del privato – quelli che hanno già dovuto risanare le loro, di casse pensioni; ed ovviamente senza aiuti pubblici – anche il mantenimento dei privilegi pensionistici dei garantiti. Intanto i troppi pensionati d’oro del Cantone non saranno chiamati a contribuire in alcun modo, in virtù dei diritti acquisiti.
Questo andazzo è la negazione della pretesa “solidarietà”. Qui si sta facendo i Robin Hood al contrario. Per rompere questo circolo vizioso, il prossimo 9 giugno votiamo NO alle misure di compensazione IPCT. Occorre fare tabula rasa della governance dell’istituto pensionistico cantonale; altro che andare avanti con cerotti di platino. In caso contrario, la spremitura dei contribuenti non finirà mai.
Lorenzo Quadri, consigliere nazionale e Municipale di Lugano - Lega dei Ticinesi