Cristina Maderni - Deputata in Gran Consiglio PLR
LUGANO - La società cambia e le normative vanno adeguate ai suoi nuovi modelli: questo vale anche per la legge tributaria. Se ne parla da quindici anni, ma ad oggi in Ticino si è fatto poco o nulla, almeno con riferimento alle persone fisiche. Nel frattempo, la concorrenza fiscale nazionale e internazionale si è intensificata in misura preoccupante. Ignorarla non è un’opzione, si deve casomai parlare di autolesionismo.
Cosa fare? Nella fiscalità non agire significa retrocedere, causare un impoverimento per la società tutta. I rischi sono ben individuati, ed ecco l’occasione di mitigarli con una riforma ragionevole. Il progetto nasce nel 2019, anno in cui il Gran consiglio conferisce mandato al Governo di predisporre un progetto di riforma generale della legge tributaria cantonale, con particolare attenzione al settore delle persone fisiche. Viene a tal fine creato un gruppo di lavoro, costituito da esperti della Divisione delle contribuzioni e della SUPSI che individua quattro ambiti di intervento prioritari. Questi sono: le deduzioni per altre spese professionali, la riforma delle imposte di successione e donazione, l’imposizione delle prestazioni in capitale della previdenza ed infine l’aliquota massima d’imposta sul reddito. Ecco i punti salienti su cui si basa la riforma approvata dal Gran Consiglio nel dicembre 2023 ed oggi soggetta a voto popolare. Da parte mia, mi preme ribadire quanto questa riforma sia moderata e graduale, quindi accettabile da tutti senza stress alcuno sulla società.
Ciò è dovuto anche alle modifiche che la Commissione della gestione ha apportato al Messaggio, smussando modalità e tempi degli interventi sulla deducibilità delle altre spese professionali e della riduzione dell’aliquota massima. Approvare questa riforma il 9 giugno è indispensabile per mantenere la competitività del nostro Cantone, attrarre investimenti, promuovere l'innovazione e garantire una base fiscale solida volta a sostenere il benessere di tutti i cittadini, ora e in futuro. Si tratta semplicemente di far rientrare il Ticino nella media Svizzera.
Gli altri Cantoni si sono mossi, adesso è il nostro turno. Sta a noi porre le basi per un Ticino forte e prospero. Il non agire causerebbe un costo che non ci possiamo permettere. Significherebbe danneggiare i lavoratori privandoli di un ragionevole ammontare di spese deducibili. Spingerebbe i neopensionati a ritirare il proprio capitale previdenziale in altri cantoni, da cui non ritorneranno e di conseguenza mai più pagheranno imposte in Ticino. Causerebbe la chiusura di imprese di famiglia, con perdita di occupazione e di know how. Condurrebbe alla perdita di buoni contribuenti, già in netto calo nel periodo compreso fra il 2016 e il 2022. Ed infine comporterebbe più tasse per tutti a partire dal 2024, con il ripristino al 100% del coefficiente d’imposta cantonale. Non agire, dunque, significa meno benessere per tutti. Ne vale la pena?