Amalia Mirante
LUGANO - L'errore dell'Ufficio Federale delle Assicurazioni Sociali (UFAS) sulle prospettive finanziarie dell'AVS è di una gravità inaudita. Non tanto per le implicazioni sui finanziamenti—che paradossalmente si sono rivelati maggiori delle previsioni—ma per il grave danno inflitto alla credibilità delle nostre istituzioni.
In una democrazia che si rispetti, la trasparenza e l'indipendenza nella gestione dei dati statistici non sono un optional, ma una fondamento imprescindibile. I cittadini meritano e hanno il diritto di basare le loro decisioni su cifre attendibili, libere da ogni coloritura ideologica. In Svizzera, la nostra democrazia semi-diretta richiede, ancor più altrove, che i dati su cui si basa il dibattito pubblico siano inattaccabili e condivisi. Ogni cittadino è libero nelle proprie scelte, ma per garantire che questa libertà non scada in discorsi qualunquisti e in sfide da Bar Sport, l'accuratezza e la veridicità dei dati presentati devono essere sacrosante.
La ricerca di una narrazione priva di pregiudizi ideologici è una sfida costante, specialmente in campo economico, dove non esistono soluzioni magiche. Questo compito diventa ancora più arduo oggi, quando l'opinione pubblica può confondere opinioni personali per fatti concreti. Come possiamo indignarci per le fake news sui social se non possiamo più credere nemmeno nella statistica pubblica?
Un tragico esempio di quanto possano essere devastanti gli errori in questo ambito si è visto quando la Troika (Commissione europea, Banca Centrale Europea e Fondo Monetario Internazionale) impose alla Grecia un durissimo piano di austerità. Le sue decisioni si erano fondate principalmente su uno studio di due famosi economisti di Harvard, Rogoff e Reinhart, che conteneva un errore in una formula di Excel (scoperto a posteriori). Le politiche pubbliche attuate in conseguenza a questo sbaglio trascinarono un intero paese in una crisi che ridusse il suo PIL di oltre il 25% in pochi anni, dimostrando che gli errori in economia possono avere conseguenze epocali e risolversi in devastanti esperimenti di macelleria sociale.
Ora, scopriamo che anche in Svizzera siamo stati mal guidati su questioni cruciali come l'AVS. Informazioni errate hanno influenzato decisioni di vasta portata. E la rivelazione di questi errori è stata fatta nel pieno di un periodo estivo, mentre l'attenzione pubblica era altrove, tra olimpiadi, canicola e vacanze. Una tempistica che solleva sospetti e ricorda quella celebre frase, spesso attribuita al Primo Ministro inglese Benjamin Disraeli e resa famosa da Mark Twain: “Ci sono tre tipi di bugie: le bugie, le grandi bugie e le statistiche.”
Ora, di fronte a una sfiducia già elevata nelle nostre statistiche pubbliche, il compito di ristabilire la fiducia è arduo e cruciale. Come potrà la nostra classe politica convincere i cittadini della necessità di nuovi sacrifici o di politiche benefiche nel futuro, se viene meno la “santità” dei dati statistici?
Da come sapremo fare chiarezza, individuare i responsabili e restaurare la fiducia dipenderà non solo il futuro dell'AVS, ma anche la stessa resilienza della nostra democrazia. Non c'è tempo da perdere; è un'impresa che richiede azione immediata, trasparenza assoluta e un impegno incrollabile. Non possiamo permettere che la fiducia nelle nostre istituzioni scricchioli ulteriormente sotto il peso di errori tardivamente ammessi e non corretti. Il tempo per riscattare la fiducia del popolo è ora.