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Adam Barbato-ShoufaniSvizzera sempre più vicina alla Nato?

22.08.24 - 15:53
Adam Barbato-Shoufani, Membro di coordinamento della Gioventù Comunista
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Svizzera sempre più vicina alla Nato?
Adam Barbato-Shoufani, Membro di coordinamento della Gioventù Comunista

Nella seduta del 21 agosto 2024 il Consiglio Federale ha approvato la partecipazione a due progetti della “Permanent Structured Cooperation (PESCO)” dell’Unione Europea (UE). In questo articolo tratterò il primo progetto approvato, “Military Mobility”, e cercherò di collocare la sua approvazione all’interno di quello che, a mio avviso, risulta essere un panorama politico-militare preoccupante.

Anzitutto, in che cosa consiste “Military Mobility”? Si tratta di un programma volto ad applicare una serie di agevolazioni alla logistica di eserciti stranieri, i quali avranno una maggiore possibilità di attraversare i confini nazionali svizzeri in caso di necessità. Oltre a 25 Stati membri UE, anche Norvegia, Canada e (guarda caso) Stati Uniti parteciperanno a questo progetto. Il Consiglio federale ha giustificato l’approvazione di Military Mobility sostenendo che essa avrà effetti positivi soprattutto in riferimento al “promovimento militare della pace”.

Le apparentemente rassicuranti giustificazioni della nostra classe dirigente dovrebbero però fare suonare un campanello di allarme nell’opinione pubblica svizzera, soprattutto se collochiamo questa decisione in un contesto più ampio nel quale le “collaborazioni” fra Svizzera e UE si fanno sempre più frequenti soprattutto nel campo della “sicurezza” (modo carino di dire” nel campo bellico”). Ma riflettiamo per un secondo sulla natura stessa dell’UE, la quale è sempre più affiancabile alla organizzazione che il comunicato del Consiglio Federale nemmeno cita: la NATO. Il comunicato parla di 25 Stati membri UE, ricordiamo che sono solo 4 gli stati membri che non aderiscono all’alleanza atlantica: Austria, Cipro, Irlanda e Malta. È dunque ovvio che, a meno che Malta o gli altri 3 stati citati non resistessero alla voglia di far passare il loro esercito nazionale per la Svizzera, la stragrande maggioranza degli attraversamenti stranieri del confine nazionale coinvolgerebbero paesi NATO, fra cui anche gli USA.

Per pura casualità (si fa per dire) l’approvazione del progetto arriva in un frangente in cui i leader occidentali scalpitano per mettere l’elmetto alla popolazione e spedirla verso il fronte in Ucraina. Proprio rispetto all’Ucraina, la NATO e l’Unione Europea dovrebbero farsi un bell’esame di coscienza dopo aver passato due anni e mezzo a riempire un paese di armi esecrando la diplomazia in ogni sua forma, con conseguenze politiche ed umanitarie tragiche. Ricordiamo anche che il nostro paese ha perso la possibilità di giocare un ruolo nella diplomazia proprio grazie alle (inutili) sanzioni UE a cui ha aderito, motivo per cui è oggettivo che “il promovimento militare della pace” (qualunque cosa voglia dire) è una argomentazione tanto insulsa quanto irrealistica. La pace si fa con la diplomazia, non con gli eserciti.

Ma le dubbie manovre fra Svizzera, UE e NATO non finiscono ovviamente qui, è infatti il caso di spostare il nostro sguardo a ciò che succede nella penisola balcanica, più precisamente in Kosovo. Qui, una folta delegazione di soldati svizzeri è direttamente sotto il controllo della “Kosovo Force” (KFOR): una forza militare della NATO. Sono sempre più numerosi i disordini civili nella regione che rischiano di vedere coinvolti soldati svizzeri.

Ed ecco che, dando un’occhiata alla situazione complessiva delle relazioni fra il nostro paese e l’estero, in un attimo ci renderemo conto che le nostre classi dirigenti stanno trasformando la Svizzera in un’autostrada per eserciti verso una guerra in gran parte voluta e finanziata dalla NATO, che abbiamo un settore dell’esercito sotto controllo della stessa organizzazione, e che i nostri “generali” fanno discorsi preoccupanti su esercitazioni all’estero e altre forme di “collaborazioni internazionali” che avrebbero gravi conseguenze sui giovani svizzeri.

E in tutto questo dov’è la tanto predicata e millantata neutralità svizzera? Osservando la realtà dei fatti è piuttosto difficile trovarla. Tuttavia, io penso essa sia ancora nelle mani del popolo, ma dobbiamo lottare con forza verso chi sta tentando di strapparcela. Siamo ancora in tempo per non imboccare anche noi quell’autostrada lastricata di una retorica ingannevole verso un futuro di guerre e conflitti. È necessario tenere gli occhi aperti anche rispetto a quelle che sembrano le più modeste e piccole decisioni poiché, se sommate, rischiano di far precipitare la Svizzera nel braccio dell’Unione Europea o (quasi peggio) della NATO.

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