Maria Pia Ambrosetti, granconsigliera HelvEthica Ticino
Ah, la Svizzera! Terra di cioccolato, orologi di precisione e... neutralità. Una neutralità così pura e incontaminata che la si poteva vendere in bottiglia come l’acqua Evian. Ma ora, cosa succede? Sembra che questo sacro principio sia diventato flessibile come un elastico. Parliamo delle sanzioni alla Russia, della fornitura "indiretta" di armi all'Ucraina e, ciliegina sulla torta, dell'imprenditore zurighese Lorenz Meier che se ne esce con i suoi droni killer. Sì, avete capito bene: droni killer made in Svizzera!
Ma andiamo con ordine. Per chi avesse vissuto su Marte negli ultimi due anni, la Svizzera ha deciso di unirsi alle sanzioni contro la Russia. "Neutralità attiva", la chiamano. Come dire: “Siamo neutrali, ma non troppo”. Poi, non dimentichiamo la questione delle armi. No, certo, ufficialmente non le forniamo. Non sia mai! Ma se qualche nostro caro vicino decide di vendere all'Ucraina un po’ di quegli strumenti di morte prodotti con tanto amore dalle nostre aziende, beh, mica possiamo fermarli, no? È solo commercio, dicono. Del resto, siamo neutrali, non ingenui.
E ora, eccoci al pezzo forte: Lorenz Meier, l’imprenditore che ha deciso di aggiungere un po’ di pepe alla nostra immagine internazionale con i suoi droni killer. In un paese dove la diplomazia è sempre stata la parola d’ordine, per Meier è giunto il momento di esportare un po’ di "tecnologia avanzata". E se questa tecnologia finisce per essere utilizzata in un conflitto? No problem, si tratta solo di "business".
Ma cosa può fare la popolazione elvetica, ancora legata al vecchio concetto di neutralità? Beh, innanzitutto potrebbe iniziare a chiedersi se il cioccolato al latte non stia diventando un po’ amaro. Forse è il momento di rispolverare quel vecchio libro di storia sulla neutralità svizzera e rileggere qualche passaggio. Chissà, magari si scopre che c’è scritto qualcosa di interessante su cosa significhi davvero essere neutrali.
Oppure, si potrebbe fare una cosa radicale, come scrivere una lettera ai propri rappresentanti politici per chiedere se non sia il caso di rivedere questa "neutralità elastica" che ci porta a sanzionare, fornire armi, e ora persino a vendere droni killer. Sì, perché in Svizzera i cittadini contano ancora, almeno sulla carta. Dopotutto, se proprio dobbiamo rinunciare alla neutralità, facciamolo con stile: magari con una bella festa nazionale dove si bruciano i vecchi trattati di neutralità e si brinda alla pace.
Ma forse, e dico forse, c'è ancora speranza: una parte della popolazione non si riconosce in questa deriva bellica, ed è pronta a farsi sentire. Perché in fin dei conti, la neutralità non è solo una questione di politica estera, ma di identità. E la Svizzera, fino a prova contraria, è sempre stata il paese degli orologi, del cioccolato e, sì, della pace. Non dei droni killer.