Associazione per la Protezione del Territorio dai Grandi Predatori (APTdaiGP)
La decisione del comitato della Convenzione di Berna di accogliere la proposta dell’Unione Europea di declassare il lupo da specie strettamente protetta a specie protetta e l’accoglienza da parte del Consiglio degli Stati di mozioni che vanno nella giusta direzione, si potrebbero commentare con un paio di frasi ad effetto del tipo: "Era ora di rivedere una decisione presa 45 anni or sono senza valutare accuratamente le conseguenze che tale scelta avrebbe avuto sulla pastorizia e per gli Stati stessi che l'avevano sottoscritta". Tuttavia la situazione è diventata talmente grave in parecchi stati europei, compresa la Svizzera, che non è tempo per inutili trionfalismi, ma pensiamo che la decisione meriti comunque qualche approfondimento.
Innanzitutto diversi studi scientifici e storici hanno dimostrato in modo inequivocabile che il conflitto tra grandi carnivori (in particolare il lupo e l’orso) e l’allevamento di bestiame al pascolo è sempre esistito nel corso dei secoli e in tutti i Paesi. La gravità del contrasto dipende essenzialmente dalla densità dei lupi in un determinato territorio: in certi periodi storici e in alcune realtà pastorizie il conflitto è stato particolarmente cruento con l’attacco reiterato anche a esseri umani.
Nel 1979, quando è stata decretata la protezione assoluta, il lupo era presente in pochi Paesi europei (Italia, Spagna e alcuni Paesi balcanici) in quantità contenute. Oggi è diffuso in tutti i Paesi europei, tranne le isole, e il numero è salito a quasi 30’000 esemplari! Secondo gli elenchi della IUCN il lupo non era allora (e tantomeno lo è oggi) definito come "in serio pericolo di estinzione" e non si comprende come mai sia stato classificato con la "protezione assoluta". Uno status che non si giustificava allora e ancor meno oggi.
I dati che non emergono quasi mai negli scritti che descrivono l’espansione del lupo sono quelli che riguardano la percentuale di aziende di allevamento che hanno cessato di esistere nello stesso periodo, quanti alpeggi sono stati abbandonati, quanti capi di bestiame in meno e soprattutto quanto hanno speso i Paesi europei in questi anni per la gestione del lupo. E quanto dovranno ancora spendere nei prossimi anni.
Anche nella nostra realtà cantonale e federale abbiamo vissuto, a partire dal 1995, analoghe difficoltà e problemi, con l'aggravante che il nostro territorio è meno difendibile, più montagnoso e che le aziende sono più piccole e fragili. Dal 2001 in Ticino siamo passati dal primo lupo di passaggio a una cinquantina attuale di esemplari circolanti. Una densità che supera di diverse volte quella riscontrabile nei grandi parchi naturali nordamericani! Siamo pure passati da tre animali predati in un anno a oltre 200 ogni anno, nonostante le onerose misure di protezione messe in atto dagli allevatori. In parallelo, il numero di alpeggi caricati a bestiame minuto è diminuito di oltre il 45 % negli ultimi 12 anni, un fattore che rende ancor più significativo e drammatico il dato sulle predazioni.
In un momento di tagli finanziari in molti settori essenziali per tutti i cittadini sia da parte della Confederazione che dei Cantoni suona come una vergognosa contraddizione dover continuare ad aumentare le risorse finanziarie nella gestione del lupo e nelle misure di protezione passive dove si possono applicare.
Passare da un’espansione praticamente incontrollata del lupo (come è stato finora) a una regolazione ragionata dei grandi predatori in rapporto alle esigenze dell’allevamento e in proporzione alle dimensioni del territorio è l’unica soluzione possibile per evitare il tracollo della pastorizia e per garantire la piena sicurezza dei cittadini che si avventurano nei nostri boschi.
Il fatto che la decisione di declassamento verrà decretata a livello europeo ci permette di prevedere che una gestione più energica sarà intrapresa anche nei paesi confinanti e che questo coordinamento permetterà il ripristino di condizioni accettabili per tutte le parti interessate
La narrazione ambientalista che inneggiava (e forse inneggia ancora) alla coesistenza pacifica ha rivelato tutte le sue fallacità ed ha fatto il suo tempo. Invitiamo coloro che si oppongono per convinzione o per ideologia alle decisioni intraprese a livello europeo a dare prova di buonsenso e a comprendere che il lupo non è mai stato in pericolo di estinzione e tantomeno lo sarebbe anche qualora si riuscisse a ridurne la densità attuale di una decina di volte.
Dall’Europa e da Berna sono giunti due segnali positivi. Alle nostre autorità cantonali rimane il compito di metterle in pratica.