Zoran Radovanovic: «Il disastro dell’Adria Tour non è dipeso dal campione di Belgrado».
La politica dello Stato balcanico ha sfruttato il “marchio” Nole, non garantendo la sicurezza.
BELGRADO - I tanti rischi presi, i molti contagiati, la gigantesca mole di critiche: organizzato come simbolo di rinascita e speranza, l’Adria Tour si è rivelato un clamoroso boomerang per Nole Djokovic, partito come campionissimo e ritrovatosi con la reputazione a pezzi.
I comportamenti tenuti nella manifestazione e agli eventi a essa correlati hanno fatto riversare sul Novak ettolitri di veleno. Il 33enne è infatti stato “scelto” come unico grande colpevole di una situazione comunque grottesca ed evitabile. In suo soccorso è corso l’epidemiologo Zoran Radovanovic, che ha puntato il dito sulla politica del suo Paese, definendo Nole “solo una vittima”.
«Djokovic è stato completamente ingenuo nel fidarsi dello Stato - ha sottolineato il professore serbo - Prima del torneo era sicuro che la situazione della pandemia fosse totalmente sotto controllo; non poteva immaginare che le nostre autorità, con la loro ambizione, lo avrebbero preso in giro. Queste volevano realizzare un ottimo colpo, anche politico, organizzando qualcosa con un campione riconosciuto a livello mondiale. Il punto è che Novak è marchio per il nostro Paese, uno dei pochi fenomeni positivi di cui possiamo vantarci. È intelligente e mai si sarebbe avventurato nell'organizzazione di qualcosa che non fosse totalmente sicuro. È stato ingannato».