L'ex capo dell’Agenzia antidoping francese Jean-Pierre Verdy: «Non è stato solo il doping a fare la differenza»
PARIGI - C'è chi l'ha ribattezzato lo scandalo più incredibile della storia dello sport: le accuse nei confronti di Lance Armstrong sono ormai infinite. Non solo doping, ora i dubbi sono su un presunto motore che l'ex corridore teneva nascosto nella bicicletta. Per andare più veloce e per mettersi il mondo intero ai suoi piedi.
A muovere queste pesanti accuse è stato l'ex capo dell’Agenzia antidoping francese Jean-Pierre Verdy: «Sono convinto che avesse un motore nella bici – le sue parole a France TV – Ancora oggi in testa ho le immagini di una tappa di montagna dove ha staccato tutti con una facilità disarmante. Alla fine della tappa, ho chiamato tutti gli specialisti che conosco e nessuno è riuscito a spiegare come sia stata possibile la sua performance, anche avendo assunto EPO. Qualcosa non andava e tutti gli specialisti mi hanno detto la stessa cosa. Ed erano tutte persone nel giro del ciclismo, che conoscevano bene la tappa. Non è stato l'EPO a fare la differenza».
Andare a "disturbare" un uomo del genere? Sarebbero state solo grane... Ancora Verdy: «Armstrong è stata la truffa più grande di sempre. Con la complicità a tutti i livelli ha ricevuto un trattamento preferenziale. Molti mi hanno detto di evitare di attaccare le leggende, perché mi sarei ritrovato da solo».