Indesiderato alle Olimpiadi, il marciatore italiano si ritira
«Il buio e le tenebre per l’ingiustizia subita faranno ora posto alla luce di un nuovo giorno, nel quale potrò accompagnare i miei figli a gareggiare in una piscina o in una pista di atletica».
TRENTO - La squalifica, lunga e controversa, è terminata ma con essa pure la sua carriera. Alex Schwazer è pronto a voltare definitivamente pagina, a lasciarsi alle spalle quel mondo dell’atletica che negli anni con lui ha saputo essere crudele.
Ricevuta una squalifica per doping di otto anni nel 2016, alla vigilia delle Olimpiadi di Rio de Janeiro, ripetutamente ritenuto colpevole da IAAF e WADA nonostante la giustizia ordinaria italiana gli avesse dato ragione e non ottenuto alcuno sconto nonostante l’aiuto fornito nello smascherare un “baro”, l’ormai ex atleta italiano ha visto terminare il suo inferno lo scorso 7 luglio, troppo tardi per tentare di qualificarsi in extremis ai Giochi di Parigi.
Non troppo tardi però per tornare a gareggiare davanti ai figli. E a una vita da uomo libero.
«Dopo 8 lunghissimi anni dalla mia ultima gara, tornerò a marciare sulla pista del centro sportivo di Arco di Trento per una 20km - ha raccontato il 39enne marciatore, campione olimpico a Pechino nel 2008 - I miei figli, Ida e Noah, mi vedranno gareggiare per la prima volta e ne sono immensamente felice. Sarà una festa per tutti gli atleti, i tifosi e per le famiglie che saranno presenti. Vi aspetto numerosi. Mi auguro che a nessun atleta venga mai riservato il trattamento che ho dovuto subire in tutti questi otto anni per difendere e tutelare il mio onore e la mia dignità, per provare la mia innocenza, per cercare di ottenere giustizia e per dimostrare la verità. Ringrazio tutti quelli (pochi) che mi sono stati vicini in questo doloroso (ed infernale) percorso, quelli che non mi hanno mai abbandonato, quando sarebbe stato facile farlo, quelli che hanno lottato con me e sofferto assieme a me per l’ingiustizia che dovevo sopportare e per il trattamento che mi veniva riservato. Ringrazio, infine, quelli (molti) che dopo aver compreso la mia innocenza ed estraneità ai fatti di cui ero stato accusato, mi hanno fatto sentire (seppur a distanza) il loro affetto e vicinanza, grazie. Il buio e le tenebre per l’ingiustizia subita faranno ora posto alla luce di un nuovo giorno, nel quale potrò accompagnare i miei figli a gareggiare in una piscina o in una pista di atletica senza per questo incorrere in squalifiche».