Messaggio nero su bianco, e dal campo si è passati agli studi legali
Ingerenze e improperi all’ombra dei castelli.
BELLINZONA - Tre anni di Promotion League con risultati andati in “calando”, è davvero questo il livello che si merita il Bellinzona? È probabilmente il livello che si merita questo Bellinzona. Una società nella quale non sempre i ruoli sono rispettati. In un club vincente i dirigenti dirigono, l’allenatore allena, i giocatori giocano. All’ombra dei castelli, invece, a volte capita che i tali “posizioni” non vengano mantenute. Che i calciatori scavalchino il mister perché “il doppio allenamento non lo vogliamo”, o che chi siede nella stanza dei bottoni decida di allargarsi un po’ fino alla panchina.
Un fatto, poco edificante, capitato proprio in una delle stagioni spese in Promotion League, fa capire quanto difficile sia sopravvivere - e dunque rendere al meglio - in casa granata. Uno degli allenatori passati dal Comunale ha subito pressioni per far giocare il figlio di uno dei dirigenti. Da chi sono arrivate queste pressioni? Dalla dirigenza stessa. Facendo valere il suo ruolo, il tecnico ha rifiutato il favore; così ha tuttavia attirato su di sé le ire del “papà” di turno il quale, dopo un allenamento, ha pensato bene di ricoprirlo di insulti. Detta così potrebbe sembrare solo la fantasia di un mister arrabbiato; peccato che il “boss” in questione abbia avuto l’improvvida idea di mettere le sue offese nero su bianco e di affidarsi alla tecnologia per farle arrivare a destinazione. E il messaggio incriminato - “Oltre che scarso sei un disonesto! Sei una vera m****, te ne rendi conto?” - è rimasto.
Manco a dirlo, con il tempo il rapporto tra società e tecnico è terminato. Anzi, forse è meglio dire che è cambiato, passando dal campo agli studi legali. Il mister non meritava la panchina? Era veramente inadatto al ruolo? Tutto può essere; non è questa un’analisi tecnica. Ingerenze e improperi non possono in ogni caso trovare posto in casa di una società ambiziosa.