Arno Rossini: «I rossoneri hanno sbagliato e per mascherare il loro errore hanno dato del traditore a Gigio»
Il Milan ha sbattuto la porta in faccia a Raiola.
ROMA - Negli ultimi giorni, dal 1. luglio in avanti, Gianluigi Donnarumma è stato un calciatore svincolato. Dove, per i meno avvezzi, “svincolato” significa senza squadra. Il miglior giocatore dell’Europeo non rappresentava infatti alcun club. In realtà, finita la sua avventura con il Milan, il 22enne aveva già raggiunto un accordo con il Paris Saint-Germain, è vero; almeno ufficialmente non c’era però alcun presidente o direttore sportivo o allenatore che avrebbe potuto parlarne come “suo” tesserato.
Questo non è un fatto raro nel calcio - in trionfo con l’Argentina in Copa America, Messi è infatti nella stessa situazione -; ciò che non è frequente è però che un campione in erba arrivi a naturale scadenza di contratto e si liberi da ogni vincolo. Solitamente le grandi società blindano i loro gioielli...
«E invece in questo caso il Milan è rimasto con in mano un pugno di mosche - è intervenuto Arno Rossini - Donnarumma se n’è andato e nelle casse rossonere non è entrato neppure un euro».
Negli scorsi mesi, mentre Raiola graffiava e i tifosi urlavano "Dollarumma", Maldini e soci decisero di non scendere a compromessi. Fecero un’offerta per il rinnovo. Non fu accettata. Non si spinsero oltre.
«Questione di principio. Giusto così in fondo. Ma l’errore non è stato commesso ora - negli ultimi sei mesi di contratto i giocatori sono liberi di parlare e legarsi con chi vogliono - l’errore è vecchio di due-tre stagioni. Se tieni a un tuo calciatore, non ti puoi permettere di arrivare a un anno dalla scadenza senza un nuovo accordo. Così, tu società, non hai più il coltello dalla parte del manico».
Quindi il Milan va applaudito per il carattere, meno per la lungimiranza?
«Assolutamente. Bravi a non aver ceduto alle ultime richieste di Raiola, pessimi nel non aver capito per tempo di aver per le mani un tesoro. In fondo un accordo buono per tutti si sarebbe potuto facilmente trovare. Avrebbero anche potuto firmare un rinnovo “sfavorevole” per poi vendere Donnarumma a cifre importanti».
Perché spesso non si pensa all'età: Gigio ha solo 22 anni.
«Proprio questo è il punto. Come per il Borussia Dortmund e Haaland, quando hai la possibilità di avere in rosa calciatori tanto giovani e tanto forti, salvo infortuni o altro, hai di fatto la sicurezza di poterli rivendere benissimo. Un ritorno, anche se inizialmente devi svenarti per lo stipendio e la commissione dell’agente, lo hai di certo. A Milano si sono messi nei guai al momento dell’ultimo rinnovo, e poi non hanno più avuto la forza e la voglia per salvarsi. Malissimo».
Colpa di Maldini?
«Forse più di Mirabelli, che con Raiola aveva già battibeccato prima che Paolo tornasse in società. Chi mi stupisce è tuttavia Gazidis: arriva dall’Arsenal, club che storicamente vive della valorizzazione dei talenti. La distrazione su Donnarumma è pesantissima. Si sono un po’ incaponiti, ne pagheranno le conseguenze. Anche perché non stiamo parlando di un calciatore normale, bensì di un totem. Gigio ha tutto per diventare, tra quindici anni, quando avrà consumato una carriera di altissimo livello e battuto record, uno dei monumenti del calcio moderno. Uno che tra stazza e qualità spaventa gli avversari ancora prima che questi tirino in porta».
Stiamo parlando di colpe del club. Eppure per i tifosi l’unico colpevole della vicenda è proprio il portiere.
«La dirigenza rossonera ha molto giocato su questa cosa, sul concetto di bandiera. Le bandiere, però, oggi le troviamo solo nei grotti. Ai media, per “mascherare” il loro sbaglio, Maldini e soci hanno provato a far passare la vicenda come un tradimento del ragazzo. Ma non è così. Il calcio è business, è giusto che un professionista tuteli i suoi interessi».