Prima ufficiale della nuova proprietà del Lugano: con Mansueto e soci si può sognare
Stadio, mercato, investimenti: il nuovo Lugano parte in quarta.
LUGANO - La minilicenza, timbro finale della SFL a tutta l’operazione, non è ancora arrivata; vista la conclamata solidità degli acquirenti, si può però affermare che il Lugano è definitivamente passato di mano. Angelo Renzetti e Leonid Novoselskiy hanno ceduto le loro quote azionarie e Joe Mansueto (tramite la Walden Football LLC, con sede a Chicago) è salito sul ponte di comando. Anzi, è diventato l’armatore di una nave che - questo è il sogno dei tifosi - è destinata a solcare con ambizioni gli agitati mari del pallone nazionale e internazionale. Il timone è invece stato affidato al nuovo CEO Martin Blaser.
E di ambizione ha parlato proprio il miliardario statunitense il quale, sul lungo periodo, ha puntato il mirino sul titolo nazionale.
«Dobbiamo essere realisti, oggi club come Basilea e Young Boys hanno budget “multipli” rispetto a noi, quindi il titolo è difficile. Forse la Coppa Svizzera è, sul corto termine, un traguardo raggiungibile. Però in futuro sì, provando a migliorare ogni anno dobbiamo tentare di arrivare anche al campionato».
Nel suo intervento Mansueto ci ha tenuto a ringraziare - ovviamente - Renzetti e Novoselskiy e ha spiegato perché ha scelto Lugano e qual è il progetto. «Grazie a tutte le persone che fanno parte del club e alla Città, per quello che ha fatto per lo sport. Se devo usare una parola per raccontare il Lugano dico “speciale”. Vogliamo fare qualcosa di speciale e lo faremo. Questa conferenza non è per me, non è per la mia società. È per la città, per la comunità. Se mi avessero detto qualche anno fa che avrei posseduto due club non ci avrei creduto. Ho cominciato su input dei miei figli e ora sono qui. Credo che questa, con il Lugano e i Chicago Fire, possa essere una win-win situation. Il Lugano non è un farm-team, considero le due società sullo stesso livello. E questo sarà interessante per lo scambio dei giocatori e i vari aiuti che si potranno dare dentro e fuori dal campo».
Dagli USA alla Svizzera…
«Per lavorare con le persone locali, per investire, per creare lavoro, per portare gioia. Impegnarsi nell’industria dello sport è affascinante e, grazie ai miei qualificati collaboratori - con i quali mi confronterò spesso e che hanno tanto da insegnarmi -, voglio continuare a lungo. Prometto rispetto. Prometto costanza».
Non sarà quindi una toccata e fuga…
«Chi mi conosce sa che non sono un imprenditore che pensa sul corto termine. Per la Morningstar, che è cresciuta più di quanto potessi immaginare, ho lasciato la direzione ma sono ancora proprietario. Altre aziende le ho dal 2005. I Chicago Fire saranno miei per sempre… Ora penso alle passioni. Il calcio, gli investimenti immobiliari, i media».
L’investimento sul Lugano passa dal nuovo stadio.
«L’avremmo fatto comunque per la storia e il prestigio del club. Siamo, al momento, estremamente positivi riguardo al fatto che il referendum non bloccherà la costruzione della struttura. Cosa succederebbe se non fosse così? Per il momento non abbiamo un piano B».
Il club avrà un’anima internazionale. Significa che anche giocatori che arriveranno da “fuori”?
«Vogliamo che il Settore giovanile sviluppi dei talenti da portare in Prima squadra e per questo teniamo molto alla collaborazione con il Team Ticino. Detto ciò, guarderemo anche a livello globale e in questo la collaborazione con i Chicago Fire sarà importantissima. Pensiamo al Ticino e guardiamo al mondo».
Fin da questa finestra di mercato?
«Per il momento l’intenzione è quella di comprare, non di vendere i giocatori presenti in rosa. Investire, non disinvestire».
Chicago 🤝 Lugano
— Chicago Fire FC (@ChicagoFire) August 18, 2021
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