I campioni d’Italia aprono la stagione di Serie A oggi a San Siro contro il Genoa. Con una squadra ancora incompleta.
Al 21 agosto, Simone Inzaghi attende gli ultimi innesti in rosa, si dice fiducioso ma chiede anche chiarezza alla società sugli obiettivi. Ma a cosa possono - o devono - puntare i vincitori della scorsa stagione?
MILANO - Incompleta. Un po' incerottata nel morale. E, quasi certamente, un po’ più insicura. Fra poche ore, l’Inter scenderà in campo sull’erba di San Siro con il tricolore cucito sul petto, a 3’744 giorni di distanza dall’ultima volta, quando ospitò il Catania nell’atto conclusivo della stagione dopo il leggendario “triplete”, con il titolo che in quel momento era però già approdato, da un paio di giornate, sull’altra sponda del Naviglio.
Con la “Scala del calcio” che riapre anche al pubblico (a capienza dimezzata), dopo i picchi dell’emergenza pandemica, i campioni d’Italia dovranno reintegrare quanto prima nelle proprie dinamiche di gioco il tanto atteso “dodicesimo uomo”, chiamato sin dal primo fischio d’inizio a colmare i buchi della logorante estate nerazzurra.
Conte, Hakimi, Lukaku: l’emorragia dopo lo scudetto
Prima l’addio del “generale” Antonio Conte, poi il sacrificio di Hakimi sull’altare del bilancio e infine la fuga inaspettata, improvvisa e silenziosa verso Londra - con quel retrogusto di “tradimento”, dopo le dichiarazioni d’amore al rientro a Milano solo pochi giorni prima - del proprio re: Romelu Lukaku. E non vanno dimenticati poi il divorzio, meno urlato dai megafoni ma altrettanto doloroso (formalizzato proprio ieri sera), con il team manager Lele Oriali e il futuro ancora incerto di Christian Eriksen, che potrebbe non vestire mai più le scaglie del “Biscione” dopo quel terribile 12 giugno al Parken di Copenhagen. Mesi tutt'altro che rilassanti.
Ridimensionamento? Guai a parlarne in Viale della Liberazione, dove a maggio, inebriati dai festeggiamenti, già si evocava la suggestione della seconda stella, nonostante l’ombra di quelle nubi all’orizzonte che l’ex presidente Massimo Moratti avrebbe definito «poco simpatiche». A un certo punto il sereno sembra però tornare. Poi, il fulmine, in pieno agosto. Il Chelsea bussa alla porta, apre il borsone e mette sul tavolo 115 milioni di euro per il gigante belga. Un ritorno a lui molto gradito. E se è vero - prendendo in prestito l'unità di misura impiegata di recente dal celebre radiocronista italiano Francesco Repice - che in un mondo in cui si spendono 117 milioni di euro per il cartellino di Jack Grealish (approdato poche settimane fa alla corte di Guardiola nella Manchester blu), per quello che è Lukaku oggi non ci si dovrebbe forse neanche sedere al tavolo per meno di 200 milioni, altrettanto lo è che la situazione di cassa della proprietà nerazzurra non ha probabilmente permesso di alzare alcun muro. Al contrario di quanto invece hanno potuto fare altre società del vecchio continente, in condizione di mostrare i muscoli, respingendo gli assalti e blindando i propri gioielli.
Inzaghi, la prima sfida è tra le mura dello spogliatoio
E così, Lukaku saluta Milano. O meglio, Lukaku si imbarca in volo verso Londra. I saluti e i ringraziamenti arriveranno solo qualche giorno dopo, in zona Cesarini per ricomporre parte di quella frattura con i tifosi che il suo silenzio aveva rapidamente trasformato in una voragine. Ma soprattutto, la squadra campione d’Italia si ritrova orfana del simbolo di quella cavalcata trionfale a una manciata di giorni dal ritorno in campo.
E nell’attesa che lo stato maggiore dell’Inter finisca di puntellare la rosa - i nomi più quotati, dopo l’arrivo di Edin Dzeko e dell’esterno “oranje” Denzel Dumfries, sono quelli di Marcus Thuram, Joaquin Correa e di Lorenzo Insigne (quest’ultimo nell’eventualità che la tenuta di Alexis Sanchez non dia sufficienti garanzie per una stagione che si annuncia lunga e complicata) -, la prima vera sfida di Simone Inzaghi sarà con ogni probabilità quella di ricordare e convincere la squadra che lo scudetto è stato conquistato da tutti e non solo da quei tre che oggi non siedono più fra loro; saldando a tempo di record le crepe dai grandi scossoni nello spogliatoio. In particolare l’ultimo, di magnitudo 9, come il numero che ha portato sulle spalle negli ultimi due anni, segnando 64 gol in 95 partite.
Inter, qual è il tuo obiettivo?
Si arriva quindi al punto: con quali ambizioni si presentano i nerazzurri alla griglia di partenza? «Penso che gli obiettivi dell’Inter siano sicuramente ambiziosi. Non mi piace fare proclami, però quello che farà la differenza saranno le motivazioni che avranno i ragazzi. Sono fiducioso, per la gara (con il Genoa, ndr.) e per la stagione», ha detto ieri in conferenza stampa mister Inzaghi, che però - stando a quanto riportato nei giorni scorsi - avrebbe pure chiesto alla società di fare chiarezza sui traguardi stagionali. Dire in modo chiaro che difendere lo scudetto sarà difficile, scacciando il fantasma della seconda stella da uno spogliatoio che da fantasmi e spettri, specie in questi ultimi anni, è stato fin troppo frequentato.
Indipendentemente da quelle che sono le nuove gerarchie della Serie A, ridisegnate da un’estate più di addii che di mercato, un punto di forza per l’Inter potrebbe però essere quello di poter spendere con più libertà quella parola che invece era stata quasi un tabù fino all’alba della scorsa primavera: scudetto. Perché lo porteranno, cucito sul petto, in tutti gli stadi d’Italia. Con l’impegno di doverlo difendere, la possibilità di vincerlo e, soprattutto, l’obbligo di provarci.