Milioni e trofei: «Shaqiri ha pochi meriti, si è sempre trovato al posto giusto nel momento giusto»
Arno Rossini: «Se andrà negli USA; Shaqiri diverrà immediatamente un elemento di secondo piano in Nazionale».
LIONE - Come definireste la carriera di un giocatore che, partito dalla provincia del grande calcio, dopo aver fatto meraviglie da giovane è riuscito a vincere - e anche tanto - con Bayern Monaco e Liverpool? E qui non si sta parlando di coppette: il “nostro” ha sollevato al cielo due Champions League, due Supercoppe UEFA e due Coppe del Mondo per club. Poi ci sono stati una miriade di trofei nazionali, ma quelli quasi non ha senso citarli. Così, senza troppo approfondire, si potrebbe parlare di cammino grandioso. O qualcosa di molto simile. Il calciatore in questione è però Xherdan Shaqiri, uno che tutti i trofei sopraelencati li ha... visti vincere ai compagni. Certo, lui era in rosa, il suo apporto nella strada verso la gloria è tuttavia stato risibile. E ora, a 30 anni - con almeno altri 5-6 anni ad altissimo livello davanti a sé, per capirci - il folletto di Gjilan ha trovato il modo per dare nuovo colore alla sua avventura pallonara: sembra pronto a lasciare il pur sempre nobile Lione per… l’America.
«Ha scelto di chiudere con il calcio ad alto livello - ha raccontato Arno Rossini - perché se decidi di lasciare l’Europa per andare in un Paese dove il campionato non è estremamente competitivo, non si può dire altro se non che stai pensando a come terminare. Che stai pensando alla pensione».
La MLS non può in qualche modo consentire a Shaqiri di mantenersi competitivo?
«No, in alcun modo. Stiamo parlando di una Lega nella quale l'intensità è estremamente inferiore rispetto a quella che si vede nei campionati europei. A Chicago, se è lì che alla fine andrà, Xherdan potrà divertirsi, potrà fare la differenza, fare i numeri e anche vincere. Per quel campionato è un fuoriclasse».
È la giusta chiusura per un ragazzo che ha vinto tutto?
«È la giusta chiusura per un ragazzo che si è sempre trovato al posto giusto nel momento giusto. Per il miglior calciatore della storia nel rapporto tra partite giocate e trofei sollevati o anche tra partite giocate e stipendio incassato. Shaqiri, lo sappiamo tutti, è sceso molto poco in campo. I grandi risultati ottenuti dalle sue squadre? Ha pochi meriti».
Per quale motivo ha trovato poco spazio nelle sue varie avventure?
«Difficile da dire: le qualità tecniche non si discutono. Credo però che Xherdan abbia pagato la sua cronica discontinuità di rendimento e anche il fatto che, a livello difensivo, in fase di copertura, non sia mai riuscito a offrire garanzie. È un buon attaccante, che va a fiammate. È tuttavia troppo altalenante per pensare di essere un elemento indispensabile in una squadra che punta a vincere. Per questo ha fatto bene, per esempio, allo Stoke City mentre è stato una meteora al Bayern, al Liverpool e all'Inter».
Eppure le occasioni importanti non gli sono mai mancate.
«È stato ingaggiato perché, probabilmente, in lui gli allenatori vedevano un calciatore dal grande potenziale. Poi però non è mai riuscito a fare il salto di qualità, a salire l'ultimo gradino. Il suo agente ha lavorato bene, questo lo possiamo dire: puntando sulle potenzialità è riuscito a strappare contratti importantissimi. In carriera Shaqiri ha fin qui guadagnato milioni».
C’è però quella cosuccia della Nazionale: lì Xherdan ha spesso fatto bene.
«Per quale motivo? Perché tiene alla maglia della nostra selezione e perché, soprattutto, con essa non si deve impegnare con continuità tutto l'anno. Quante partite gioca la Svizzera in una stagione? Una decina? Ecco, mantenere la concentrazione e riuscire a essere costante per un numero così basso di match è più semplice».
Via dall'Europa significa anche via dalla Nazionale?
«A 30 anni Shaqiri potrebbe giocare ancora a lungo con addosso la maglia della Svizzera. Accettasse il trasferimento negli Stati Uniti, diverrebbe però immediatamente un elemento di secondo piano nel gruppo guidato da Yakin. E questo già per il prossimo Mondiale, quello in Qatar, al quale arriverebbe con mesi di America nelle gambe. Sempre che poi il selezionatore deciderà davvero di chiamarlo».
La proprietà dei Chicago Fire è la stessa del Lugano. Optasse in futuro per un ritorno in Svizzera, Xherdan avrebbe dunque una corsia preferenziale che porta dritto verso Cornaredo?
«Tutto può essere, certo. Anche se pure parlando di Super League il discorso non cambia. Scegliesse gli USA e rimanesse in MLS per un po’, finirebbe con il perdere qualcosa a livello fisico e di abitudine alla competizione. Andare a Lugano? Sarebbe una mossa mediatica, non un colpo a livello tecnico. Secondo me non sarebbe in ogni caso un rinforzo per una squadra che in futuro sembra voler essere ambiziosa».