Arno Rossini: «L’egoismo è stato una fortuna per CR7, ora è un freno»
«Lo stipendio gigante di Cristiano Ronaldo non è più giustificato dai numeri che ottiene in campo».
MANCHESTER - “Non può giocare”, “Non voglio farlo giocare”. “È infortunato”, “Sta fuori per scelta tecnica”. Dichiarazioni contrastanti, sottolineate o smentite da attori diversi, hanno fatto da contorno all’ennesima telenovela dedicata a Cristiano Ronaldo. In questa il portoghese, non brillantissimo nella sua ultima avventura al Manchester United, è volato in patria proprio mentre i compagni stavano per affrontare il City in un derby poi finito malissimo. Ufficialmente il viaggio, necessario per curare un problema all’anca, è stato autorizzato dalla società: “In quanto non al meglio non è stato convocato per la partita”. In realtà in molti sospettano che quella dell’asso lusitano sia stata una vera e propria fuga per far sbollire la rabbia della mancata titolarità (“Perché inadatto alla cura Rangnick”). La verità non si saprà mai; è in ogni caso chiaro che CR7, nel frattempo tornato in Inghilterra, all’Old Trafford sia diventato quasi un oggetto indesiderato.
«Dobbiamo parlare delle sue qualità tecniche, del suo temperamento o del suo comportamento? - è intervenuto Arno Rossini - Perché il discorso da fare è complesso».
Il Cristiano Ronaldo giocatore si può discutere?
«No, mai».
Dovrebbe quindi stare sempre in campo?
«No, per nulla. Il punto è proprio questo. Stiamo parlando di un ragazzo che, pur ancora fortissimo, non ha più quella tenuta fisica necessaria per giocare tutti i minuti di tutte le partite. E ciò è anche normale a 37 anni. Cristiano è “vecchio” ma… non lo ha capito. O non lo vuole accettare. Questo è il problema. Può fare bene, benissimo, ma non può essere sempre presente».
Cosa fa un big in questo caso, rallenta?
«No, si mette al servizio della squadra. Per anni le squadre sono state giustamente al suo servizio, ora tocca a lui. Potrebbe portare qualità - e anche tanta - scendendo in campo per scampoli di partita o comunque non in tutti i match. Potrebbe aiutare Rangnick tenendo un atteggiamento diverso…».
Il mister tedesco, poi, non è mai stato uno pro “vecchi”. Quando sembrava potesse andare al Milan, la firma di Ibrahimovic non lo entusiasmava.
«Lo stesso Ibra che domenica ha accettato con entusiasmo di entrare all’89’ per dare una mano alla squadra? Proprio di questo parlo quando mi riferisco a Cristiano Ronaldo. Dovrebbe fare da esempio, mettendo i successi del gruppo davanti ai suoi personali. Non lo fa, non lo ha mai fatto, e questo ha di sicuro creato una frattura tra lui e il club. Tra lui e lo spogliatoio. Per quanto riguarda Rangnick… è vero: ha sempre voluto lavorare con i giovani affamati. Se poi il “vecchio” con il quale devi per forza di cose fare i conti ha certi atteggiamenti…».
Il carattere è però - facciamo gli avvocati del diavolo - ciò che ha reso grande CR7.
«Io lo chiamerei egoismo. Sì, è vero, grazie a quello il portoghese è diventato uno dei migliori della storia. Fino a qualche anno fa, finché il suo fisico strepitoso gli permetteva tutto, è stato una spinta, una fortuna. Ora però è un freno. O un problema, scegliete voi».
Per una volta, la prima da quando è diventato grande, Ronaldo non ha ottenuto il massimo supporto da un club, che si è piuttosto schierato dalla parte del mister.
«Credo che ormai la storia di CR7 a Manchester sia agli sgoccioli: mi sorprenderebbe se l’anno prossimo fosse ancora lì. Per come la vedo io, penso che il suo stipendio gigante non sia più giustificato dai numeri che ottiene in campo. In estate Cristiano partirà. Per dove? Forse l’America, dove potrebbe continuare ancora per un po’ a divertirsi».
E la nazionale? Di solito chi va in MLS poi fatica a essere convocato.
«Ma lui è Ronaldo…»