Si è spento a 82 anni uno dei più grandi di sempre
Calciatore, dirigente, politico ma soprattutto eccezionale ambasciatore (del pallone).
SAN PAOLO - L’ultimo dribbling non gli è riuscito. L’ultima partita si è chiusa con una sconfitta. Edson Arantes do Nascimento è morto. Pelé è morto.
A 82 anni, uno dei simboli del calcio brasiliano e mondiale ha chiuso gli occhi per l’ultima volta. Lo ha fatto alla clinica Albert Einstein di San Paolo dove, da fine novembre, dopo l’ennesimo ricovero, era ormai di casa. L’ex campionissimo brasiliano stava lottando dall’autunno dello scorso anno contro un tumore al colon. Era stato operato, aveva avuto la brutta notizia delle metastasi diffusesi a fegato e polmoni, aveva continuato a lottare. Si era sottoposto a cicli di chemioterapia e, sempre con positività, aveva più volte rassicurato chi gli stava vicino. Fino alle ultime settimane quando il suo corpo, provato da un’esistenza lunga e dispendiosa, ha lentamente cominciato a cedere. Non c’è più stata risposta ai trattamenti e, così, l’unica opzione rimasta ai medici è stata quella di rendere meno difficile e doloroso il momento, spostando l’anziano mito nel reparto di cure palliative. Lì è stato accudito dai figli, che lo hanno contemporaneamente protetto, coccolato e tenuto in contatto con il mondo esterno. Fino all’ultimo saluto.
“Larger than life”, direbbero di Pelé quegli statunitensi che lo hanno accolto, permettendogli di chiudere la carriera a metà anni settanta, e che lo hanno reso immortale regalandogli un ruolo nel criticato ma apprezzato film di John Huston “Fuga per la vittoria”. “Larger than life” perché il brasiliano non è stato solo un calciatore tra i più grandi di sempre, tra i più vincenti di sempre, conosciutissimo nonostante non godesse dell’esposizione mediatica dei giocatori di oggi (e nemmeno quella di cui hanno goduto i campioni anni ‘80-’90): è stato anche un dirigente sportivo, un politico (ministro sotto il presidente Cardoso) ma soprattutto uno strepitoso ambasciatore. Per le Nazioni Unite, per l’UNESCO ma prima di tutto per il suo amato pallone.
Riconoscibilissimo, credibile perché mai toccato da scandali, eroico per essere arrivato in cima partendo dalle enormi difficoltà della giovinezza, Edson ha legato il suo nome e il suo sorriso a tutto quello che negli ultimi quarant’anni (molto abbondanti) è stata la propaganda pallonara. Celebrazioni, pubblicazioni, videogiochi, grandi eventi: è stato un simbolo. È stato anzi egli stesso il calcio. E proprio come Edson ha più volte detto di voler essere chiamato e ricordato. Edson in onore di Thomas Alva Edison. Quest’ultimo ha rivoluzionato il mondo con le sue invenzioni. Pelé - ci perdoni - ha “solo” rivoluzionato il calcio.