Vialli “coraggioso e lucido” al momento della diagnosi
«Vialli tornò a casa pochi giorni dopo il primo intervento».
MILANO - La scoperta del tumore nel 2017 e da allora una lotta continua. Con alti e bassi. Ma sempre speranzoso e convinto, se non di poter vincere, almeno di poter resistere a lungo. Abbastanza da sopravvivere ai genitori, accompagnare le figlie all’altare e vedere invecchiare la moglie.
Come faceva in campo, Gianluca Vialli ha attaccato anche nella quotidianità, battendosi con un ospite che però, purtroppo, alla fine ha prevalso. Il percorso affrontato dallo sfortunato ex campione lo ha raccontato il professor Alessandro Zerbi, responsabile dell’unità operativa di chirurgia pancreatica all’Humanitas di Milano. Il dottore che per primo lo operò, cinque anni fa.
«Gianluca conosceva già la nostra struttura - ha raccontato il professore alla Gazzetta dello Sport - ci siamo incontrati quando si è rivolto a me per degli approfondimenti a fronte di alcuni sintomi: in particolare era diventato itterico. Aveva preso la notizia con grande coraggio e lucidità. L’intervento andò bene, tanto è vero che tornò a casa dopo pochi giorni. Purtroppo però si trattava di una neoplasia particolarmente aggressiva e come tutti i tumori si sarebbe potuta ripresentare».
Come è effettivamente accaduto. Secondo le statistiche relative a questo specifico cancro, la percentuale di malati riusciti a sopravvivere cinque anni dal momento dell’inizio delle cure è appena l’8%.
«Il tumore pancreatico è biologicamente più aggressivo di altri; la sua sede anatomica profonda nell’addome e il fatto che sia sprovvisto di una capsula fanno sì che le cellule tumorali si diffondano precocemente. A questo si deve poi aggiungere il fatto che, in mancanza di sintomi precoci, la diagnosi è spesso tardiva».