Con la spigolosa "manovra stipendi" la Vecchia Signora rischia un'altra stangata.
Le inchieste ancora aperte potrebbero ulteriormente aggravare la posizione dei bianconeri.
TORINO - Tanto tuonò che piovve. E siamo all'inizio, la tempesta non è finita. Questa, in sintesi, la difficile situazione in casa Juventus, dove i 15 punti di penalizzazione inflitti per la questione plusvalenze potrebbero rivelarsi solo un amaro antipasto.
Com’è possibile? Già stangata per le “plusvalenze nere” - dove, inizialmente, pensava di cavarsela con poco o niente -, la Vecchia Signora, quotata in borsa, ora trema per lo spinoso caso della "manovra stipendi", che sin dall’inizio destava serie preoccupazioni.
In sostanza, in tempi di pandemia, la Juve comunicò un’intesa raggiunta coi suoi tesserati sugli stipendi, qualificata come una rinuncia a quattro mensilità, con un risparmio contabilizzato di 90 milioni. Nel concreto la rinuncia fu inferiore (una mensilità), per un risparmio di 31 milioni. Spalmati con scritture private su altre annualità i restanti 59 (da lì il nome “manovra stipendi”). Si parla di 17 giocatori che avrebbero dato il proprio consenso e che, ora, rischierebbero pure un mese di squalifica.
Il problema, in questo caso, non sono gli accordi leciti tra il club e i suoi giocatori, quanto la mancata comunicazione alla Federazione, unita al fatto di non aver rappresentato al mercato una situazione veritiera delle proprie finanze.
La vicenda resta tutta da chiarire e occorre aspettare almeno la fine dell’inchiesta sportiva, ma la Juve potrebbe andare incontro a un'altra dura penalizzazione in classifica (anche nel prossimo campionato, a dipendenza dei tempi della giustizia), ma pure a pesanti sanzioni economiche. Nello specifico "da uno a tre volte l’ammontare illecitamente pattuito o corrisposto".