Ricordi, presente (nel Rancate), Gattuso, Dybala e il calcio di oggi: parla Michel Morganella
Nella sua carriera il 33enne ha giocato a Basilea, Palermo, Novara, Rapperswil, Padova, Livorno e Chiasso. Ha vinto un campionato svizzero e due volte la Serie B (con conseguente promozione). Nella A italiana ha disputato 108 gare.
RANCATE - Dalla Serie A - dove in passato ha disputato un totale di 108 partite con Palermo e Novara - al Rancate, squadra di Quarta Lega. Logoro e stufo di certi personaggi che "governano" il pallone, il vallesano - che in due occasioni ha pure vestito la maglia della nostra Nazionale - ne ha viste di tutti i colori in questi anni.
Dopo l'esperienza a Chiasso, terminata in malo modo prima con la retrocessione e poi con il tristissimo fallimento, Michel Morganella ha deciso di chiudere il capitolo con il calcio professionistico. «Il calcio è cambiato in maniera esponenziale...», le parole del 33enne, che in carriera ha vinto due campionati di Serie B con Novara e Palermo (con conseguente promozione).
A cosa ti riferisci nello specifico?
«In vita mia non ho mai giocato per soldi, ci ho sempre messo sudore, passione e amore. Ho avuto diverse esperienze positive e negative e queste ultime, specialmente le più recenti, mi hanno fatto riflettere molto. Sono andato via dal Palermo ed è fallito, lo stesso è successo a Livorno e infine anche a Chiasso. Onestamente queste situazioni mi hanno stancato e fatto venire il voltastomaco, c'è troppa gente che rovina il calcio. Anche alla luce di ciò ho deciso di farmi da parte».
Eppure hai soltanto 33 anni...
«Vi dirò, negli ultimi anni avevo ancora motivazioni, che con il tempo sono però calate sempre più. Sul tavolo mi si è presentata l'opportunità di tornare in Italia, ma ho rinunciato. Ho due bambini che giocano nelle giovanili del Milan e per dar loro la possibilità di cullare il sogno calcistico io e la mia famiglia abbiamo deciso di insediarci in Ticino».
Oltre a giocare nel Rancate, di cosa ti occupi nella vita?
«In questo momento la mia priorità è il lavoro, sono attivo in una ditta ticinese che si occupa di pannelli solari. Sto svolgendo i tre mesi di prova e sto imparando qualcosa di nuovo, che mi piace».
Tornando al calcio, l'avventura a Chiasso si è chiusa in modo burrascoso...
«Purtroppo sì. Sarà paradossale ma nella stagione della retrocessione mi ero divertito tantissimo. C'era un gran bel gruppo... In seguito, però, è cambiato tutto: i proprietari erano un po' strani e mi sono stufato. Ho dunque maturato la scelta di voltare definitivamente pagina».
Quanto ti ha fatto male vivere quanto accaduto al Riva IV?
«Ero un po' perso e il discorso è complicato... Personalmente, avendo delle riserve economiche da parte sono riuscito a gestirmi. Ma in squadra c'erano ragazzi di 20/22 anni che non avevano neppure cinque franchi per pagarsi un panino. Non è stato facile, ma abbiamo cercato di aiutarci a vicenda. La questione fortunatamente non è ancora chiusa, attendiamo notizie».
Il momento più bello della tua carriera l'hai vissuto a Palermo?
«Si, con Giuseppe Iachini. Ho avuto tantissimi ottimi allenatori, come Attilio Tesser ed Eugenio Corini ma Iachini è stato il migliore. Da lui ho avvertito totale fiducia, che per un giocatore è il massimo che ti possa capitare. Palermo è stato un grande periodo, ma anche a Novara sono cresciuto molto».
Per un breve periodo, hai lavorato anche con Gattuso...
«L'ho avuto per otto partite e personalmente mi è piaciuto. Arrivava da Sion, club nel quale svolgeva il doppio ruolo giocatore/allenatore. Avendo pochissima esperienza, in Sicilia non ha avuto la possibilità di farsi vedere e di mettere in mostra le sue qualità. Ma posso confermare che è come viene descritto: dice le cose come stanno senza peli sulla lingua ed è molto bravo nel dialogo coi giocatori».
L'immagine che un po' tutti hanno dello storico presidente rosanero Zamparini è quella del "mangia-allenatori". Che persona era?
«Simpatica ma soprattutto generosa. Si faceva vedere ogni tanto al campo. Per quel poco che l'ho conosciuto posso dire che era una grande persona. Devo solo ringraziarlo...».
Non solo dirigenti e allenatori, a Palermo hai giocato anche con Dybala.
«Il tocco di palla vellutato l'aveva già da giovanissimo. Tecnicamente si vedeva che aveva un passo in più degli altri, in seguito negli anni è cresciuto anche fisicamente. In Serie B però non era titolare, stava in panchina con Belotti. Giocavano Hernandez e Lafferty. È in Serie A, nel campionato 2014/15, che è letteralmente esploso...».
Come ti hanno accolto a Rancate?
«Ho voluto mettere subito in chiaro che sono un ragazzo come loro. Chi mi conosce, sa che sono una persona umilissima. Alcuni mi hanno fatto un po' di domande sulla mia carriera, ma sono davvero tutti molto carini con me. Era troppo difficile smettere completamente di giocare, per cui voglio solo divertirmi perché non ho più niente da dimostrare. Mi sono messo a disposizione e sono pronto a fare anche il portiere se c'è bisogno».