Pulisic&Co alla conquista del mondo
Arno Rossini: «Fino a 30 anni fa le selezioni USA non giocavano un bel calcio, erano slegate».
NEW YORK - Non solo il Golfo con i suoi petroldollari, pure il mercato statunitense sta caratterizzando l'estate europea.
Leo Messi in campo a Miami è la punta dell'iceberg di un movimento che, ormai da anni, è in crescita costante. Prova di ciò sono i tanti giovani, molto forti, che da qualche stagione a questa parte stanno invadendo il Vecchio continente. Una volta i giocatori a stelle e strisce nelle maggiori leghe mondiali erano delle mosche bianche, ora sono invece una costante.
«Sono lontani i tempi di Pelé, di Beckenbauer o di Chinaglia - è intervenuto Arno Rossini - protagonisti in Nord America, in un calcio così così, solo perché attratti dai soldi. La MLS, lo vediamo con il Lugano e la sua collaborazione con i Chicago Fire, sta sempre più diventando competitiva. E sta sempre più guadagnando rispetto. Attira buoni giocatori e ne esporta altrettanti in rampa di lancio».
Quello statunitense è un fenomeno destinato a esaurirsi?
«Io sono convinto che, anzi, con il tempo quel calcio diverrà sempre più centrale a livello globale. Il prossimo Mondiale, quello che organizzeranno (con Canada e Messico, ndr) nel 2026, potrebbe dare l'ultima spinta al movimento, quella decisiva. Già a livello giovanile negli Stati Uniti - lo vediamo con gli altri sport - si lavora molto bene fin dalle high school e poi con i college. Certo ci sono altre discipline, quelle storiche, che “tolgono” atleti, ma il pallone come lo conosciamo noi sta prendendo sempre più piede. Dagli anni '90 del secolo scorso si è investito molto nei Settori giovanili. Si è puntato molto sui formatori, soprattutto di scuola europea, e questi hanno portato un metodo di lavoro e nozioni tattiche che prima mancavano quasi del tutto. Fino a 30 anni fa le selezioni USA non giocavano un bel calcio, erano slegate. Erano molto forti atleticamente ma alle prime armi a livello tattico. Adesso è rimasto il predominio fisico e in più c’è anche buona tecnica di base».
Buona volontà, scelte oculate, tanti sponsor, grande passione… che livello può raggiungere quel pallone?
«A livello di nazionale? Un livello molto alto. La selezione USA è già undicesima nel ranking FIFA; non mi sorprenderei se in brevissimo tempo, magari già dal prossimo Mondiale, salisse un ulteriore gradino. Credo che abbia tutto per sedersi accanto a quelle rappresentative che al via di una grande manifestazione puntano almeno agli ottavi o ai quarti di finale».
Niente titolo casalingo?
«Ecco, raggiungere i primi quattro o cinque “movimenti” del mondo non è al momento immaginabile. Manca un po' di tradizione. Nel tempo, però, tutto è possibile. In Nordamerica, non dimentichiamolo, possono contare su un bacino d'utenza grandissimo, potenzialmente molto più ricco di quelli dal quale pescano le nazionali storiche».