I petroldollari hanno fatto breccia e stanno stravolgendo il calcio: «Quando da 5-10 milioni si passa a 30... sei fuori mercato»
Contratti pazzeschi, investimenti enormi per cartellini e ingaggi. Paolo Tramezzani, ex tecnico dell’Al-Faisaly: «Non sarà un fenomeno estemporaneo, con tutti i pro e contro. La mia esperienza? Vi dico che...».
RIYAD - Una valanga che incombe sul Vecchio Continente. La valanga è quella di milioni messa sul piatto dalla Saudi League, che sta letteralmente dominando la finestra estiva del mercato e ha sedotto una moltitudine di stelle. Se a fare da precursore è stato Cristiano Ronaldo dopo la rumorosa querelle con lo United - eravamo a fine dicembre e in tanti gli diedero del folle - da giugno uno sciame di campioni ha seguito le sue orme, per una decisa accelerata del progetto arabo.
Neymar, Benzema, Kanté, Brozovic, Mané, Kessie, Mitrovic, eccetera. Chi più ne ha più ne metta (da ultimo pure l'ex ct azzurro Mancini) per un clamoroso canale di uscita dall’Europa. Non solo cosiddetti “ex giocatori” a caccia di un ultimo contratto faraonico, ma anche veri gioielli sottratti ai migliori campionati - pure alla Premier, un tempo intoccabile - e al palcoscenico della Champions.
«Non è necessariamente un male se l’Europa dovesse perdere parte della sua egemonia, è positivo che il calcio abbia forza in tutto il mondo», ha sottolineato a inizio agosto Peter Hutton, dirigente britannico che fa parte del consiglio di amministrazione della Lega saudita.
Tutto vero o c'è da preoccuparsi per questa rivoluzione araba? Sarà un fuoco di paglia o dovremo abituarci a questo trend? Lo abbiamo chiesto a Paolo Tramezzani, ex tecnico del Lugano che ha guidato Al-Faisaly nel 2021.
«Pensano in grande e portano avanti un progetto impressionante in vista del 2030: vogliono convincere il mondo e non è qualcosa destinato a sgonfiarsi - interviene il tecnico 53enne - In passato abbiamo visto tentativi simili in America, Russia e soprattutto Cina, ma sono stati estemporanei. Qui c'è una grande differenza: non hanno limiti economici e fanno sul serio. Vogliono fare in modo che l'Arabia diventi un richiamo e hanno capito che il calcio può fare da catalizzatore».
Anche per questo puntano alle star. Ai grandi nomi - pensiamo a CR7 e Neymar - con milioni e milioni di Followers.
«Mirano al grande pubblico e a una crescita non solo sportiva. Rientra in un programma governativo con vista sul 2030. Vogliono convincere le persone che sia il posto più bello. Nel contratto di Neymar ci sono ricchi benefit per ogni post pro Arabia Saudita. Sanno spingersi oltre i limiti che conoscevamo anche a livello di ingaggi. Quando da 5-10 milioni si passa a 30... sei fuori mercato».
Proprio per questo molti appassionati storcono il naso, ma intanto se ne parla e - benché venduti a prezzi "scontati" - tante emittenti stanno salendo sul carro acquisendo i diritti tv.
«Tutto, purché se ne parli... anche in Italia, da mesi, si leggono notizie ogni giorno. E teniamo presente che non è finita. Da qui alla fine del mercato potrebbero esserci altri botti clamorosi come Salah. Sui diritti tv non sono sorpreso. Vendi le prestazioni delle stelle che hai comprato. Col tempo dovranno sapersi confermare e onestamente preferisco ancora guardarmi un Liverpool-Newcastle piuttosto che Al Hilal-Al Nassr, ma intanto è normale che il prodotto diventi sempre più appetibile quando vedi affrontarsi i vari Ronaldo, Fabinho e Benzema».
La Saudi League vuole collocarsi in tempi brevi tra i 10 migliori campionati al mondo. Per i club europei Tramezzani vede sia dei pro che dei contro.
«Da una parte tolgono pedine importanti al calcio europeo, ma dall'altra nascono delle opportunità. Pensiamo all'Italia: tante società hanno acquisito liquidità in un mercato spesso dominato da prestiti e parametri zero. Guardiamo Lazio e Roma, dove le partenze di Milinkovic-Savic (40 milioni a un anno dalla scadenza, ndr) e Ibanez (operazione da quasi 35) hanno dato linfa alle casse. Poi, una volta di più, si potrebbe cogliere l’occasione per puntare maggiormente sui giovani. Ci sono e ce ne sono di bravi. Sia in Svizzera che in Italia. Lo abbiamo visto anche ai recenti Mondiali U20 ed Europei U21».
Tramezzani, ex Al-Faisaly, in Arabia Saudita ci ha lavorato per poco più di tre mesi. Cosa può dirci di quella realtà?
«Bisogna adattarsi a religione, modi e abitudini differenti, ma personalmente mi sono trovato molto bene. Ho ricevuto tanto dal punto di vista umano. C’era grande rispetto e curiosità nei confronti di una persona che arrivava da un altro contesto. Il mio era un club più “piccolo” rispetto a quelli che stanno dominando il mercato - l'obiettivo era salvarsi - ma la società era presente quotidianamente e ci lasciava lavorare serenamente. È stato bello».
E sul valore della Saudi League?
«Il campionato aveva già un buon livello. Non pensiamo che sia un movimento partito da zero. Chi segue il calcio internazionale sa che l’Arabia Saudita si è qualificata a 6 degli ultimi 8 Mondiali. Poi, già in vista del 2026, hanno progetti enormi per i settori giovanili. Sostengono economicamente i migliori giovani per andare ad allenarsi nelle Academy più importanti d’Europa. Per poi rientrare a giocare in Patria».
Ultima domanda. In Arabia ci torneresti?
«Difficile dirlo. Come sapete sono tornato 4 volte a Sion perché è un mondo a parte. C'è un legame affettivo e non potrei mai dire di no. L’ho dimostrato anche lo scorso anno. Sono stato bene anche in altre parti come Lugano, Spalato e la stessa Arabia, ma non so se ci tornerei. Ad oggi ho allenato in 6 diversi Paesi, vorrei continuare a girare e arrivare a 10. Sion è stata l’eccezione», conclude Paolo Tramezzani.