Nonostante le dichiarazioni di facciata, il selezionatore potrebbe non arrivare all'Europeo
Murat, qualificato e criticato.
BASILEA - Conta il risultato o come lo si raggiunge? Il motto “vincere è l'unica cosa che conta” vale in questo caso?
Perché a seconda della risposta si può parlare della Svizzera, qualificata e… infelice.
Il fatto certo, a questo punto, è che i due pareggi ottenuti contro Israele e Kosovo hanno dato alla Nazionale la garanzia di partecipare al prossimo campionato Europeo, quello che si disputerà in Germania nell’estate 2024. Tale certezza, positiva, è però accompagnata da voci e sensazioni che vanno nella direzione opposta. E non potrebbe essere altrimenti visto che, inserita in un girone non certamente complicato e comunque partita bene, la selezione rossocrociata si è poi persa per strada. È rimasta imbattuta? È vero, ma nelle ultime sei partite ha vinto una volta sola, contro lo sparring partner Andorra, mentre non è riuscita a battere un Kosovo raffazzonato, non ha entusiasmato contro una Bielorussia solo volenterosa, ha giochicchiato contro il distratto Israele.
Se tutto scompare davanti al biglietto ottenuto per la Germania, allora tanti inciampi non fanno testo. La sensazione è però che qualcosa, in un giocattolo che fino a qualche mese fa funzionava benissimo, si sia rotto. Che Murat Yakin, colui il quale è (comprensibilmente) finito sul banco degli imputati, stia facendo una fatica incredibile per far remare tutti nella stessa direzione. Dopo il punto decisivo spremuto dal match contro il Kosovo, i giocatori hanno “salvato” il tecnico. «È l'allenatore della Nazionale e noi siamo una squadra che vince e perde insieme», si è affrettato a dire Granit Xhaka. «Noi sosteniamo l'allenatore, qualunque cosa accada», gli ha fatto eco Xherdan Shaqiri. Parole. Che non hanno tuttavia convinto e che non hanno fatto tornare il sereno. Parole. Come quelle pronunciate da Pier Tami prima di questa settimana decisiva: «Se ci qualifichiamo, Yakin sarà l'allenatore agli Europei, c'è un contratto e vogliamo rispettarlo».
La realtà è che nulla è sicuro e che l’incontro tra la Federazione e il selezionatore, in programma a dicembre dopo la chiusura del girone (domani a Bucarest i rossocrociati termineranno la loro corsa in un confronto ininfluente contro la Romania), potrebbe ufficializzare l’addio.
La palla è in mano ai dirigenti del nostro calcio: confermare Murat ma non garantirgli un rinnovo sarebbe un azzardo colossale. Significherebbe mandarlo all’Europeo senza alcuna protezione o futuro. Se andasse male, la colpa di chi sarebbe? Non di Yakin, ovviamente. A quel punto, dovrebbe prenderla qualcuno che ha un ufficio a Berna. E questo, all’ASF, vogliono evitarlo…