Livio Bordoli, colui che nove anni fa riportò i bianconeri in Super League, si è espresso sulla finale di domenica e sul "caso-Sabbatini"
«Riconoscenza nel calcio? Non c'è mai stata e non ci sarà mai. Ci può anche stare di voler puntare su elementi più giovani, il calcio è soprattutto business dove i sentimenti molto spesso vengono messi da parte».
LUGANO - Ci siamo, la finale di Coppa Svizzera è dietro l'angolo. Per il terzo anno di fila metà del Wankdorf sarà "pitturato" di bianconero e "tutto" il Ticino si sposterà nella Capitale per spingere la squadra di Mattia Croci-Torti verso il successo. I bianconeri - reduci da due ko di fila - riusciranno a portare a sud delle Alpi il secondo trofeo in tre anni? Chissà... C'è solo un dato che mette timore al tifoso bianconero: nella stagione in corso, su quattro scontri diretti, i sottocenerini hanno ottenuto appena un punticino. Tuttavia, in un incontro secco, tanto più in una finale, numeri e statistiche contano fino a un certo punto.
«È la prima volta che - a mio avviso - il Lugano si presenta alla finale nei panni di favorita. Ciò nonostante i bookmakers indichino i bianconeri sfavoriti... La squadra del Crus sta bene, ha l'esperienza di due finali alle spalle e non da ultimo l'allenatore sa come preparare una partita di tale portata. Questo aspetto potrebbe favorirlo».
Il Lugano è più forte?
«Sì. Hanno una squadra più completa, l'undici iniziale è più forte rispetto a quello ginevrino e Croci-Torti ha diverse soluzioni interessanti anche a match in corso».
Quanto "conta", se conta, il ko di sabato subito proprio contro il Servette?
«Assolutamente nulla, il Lugano ha giocato con una rosa palesemente rimaneggiata, composta in gran parte da giocatori non titolari. Anzi, vi dirò di più: non lo dirà mai, ma il Crus sarà stato anche contento di perdere quella partita. L'importante era non farsi male, far giocare chi ha giocato meno durante l'anno e far sentire tutti felici. Ad ogni modo, René Weiler sa benissimo come giocherà il suo avversario e ha capito anche lui che sabato non ha avuto di fronte il vero Lugano. A parte uno/due dubbi a centrocampo, sappiamo già tutti quella che sarà la formazione che scenderà in campo domenica».
È vero, tutta l'attenzione dev'essere catalizzata sulla partita di domenica. Tuttavia, a far discutere in queste settimane è stato anche e soprattutto il caso-Sabbatini...
«L'ho sentito in questi giorni e chiaramente è dispiaciuto, gli sarebbe piaciuto continuare giocando i preliminari di Champions League. Togliamo la persona, a cui farei un contratto a vita, ma se prendiamo i dati annuali dei giocatori del Lugano, il "Sabba" è stato uno dei migliori. Solo per questo motivo io me lo sarei tenuto stretto...».
Non c'è più riconoscenza nel calcio?
«Non c'è mai stata e non ci sarà mai. Quella su Sabbatini è una scelta della società, che guarda in faccia poco e porta avanti la sua strategia. Per carità, ci può anche stare di voler puntare su elementi più giovani, il calcio è soprattutto business dove i sentimenti molto spesso vengono messi da parte. Il suo futuro? Non so nulla, io lo vedrei ancora come giocatore, magari in una squadra come Sion o Yverdon, dove la sua personalità emergerebbe senza ombra di dubbio. Però deve riflettere bene, perché se il Lugano gli ha offerto qualcosa extra-campo, potrebbe anche essere un'opportunità da cogliere al volo...».