Beppe Sannino, tecnico del Paradiso: «In clinica pulivo bagni e stavo vicino agli anziani sofferenti»
Nel weekend scatta la Serie A: «Inter favorita, attenti a Napoli e Milan. Como? Progetto intrigante»
PARADISO - In Svizzera Giuseppe Sannino ha trovato la sua isola felice. Da ormai due anni il 67enne si è insediato nel nostro Cantone, dove guida con successo il Paradiso in Promotion League. In tanti se lo ricordano per il suo passato in Serie A - fra Siena, Palermo, Carpi e Chievo -, mentre altri non hanno mai dimenticato il miracolo con il Varese, passato nel giro di due stagioni dalla Seconda Divisione alla Serie B (il primo anno vincendo il campionato, il secondo vincendo i playoff). Ma non è tutto: nella stagione 2010/11, sempre con i lombardi, "Beppe" ha sfiorato addirittura la promozione in A, perdendo i playoff con il Padova.
Un allenatore sì, ma soprattutto un uomo con un enorme carisma e con delle qualità umane fuori dal comune, che a Paradiso hanno la fortuna di potersi coccolare ogni giorno. «È vero, in carriera ho cambiato molte squadre, ma ogni spostamento è sempre stato il frutto di decisioni ponderate, che nella vita bisogna per forza di cose prendere - ci ha detto proprio Sannino, che in carriera ha pure lavorato in Grecia, Ungheria e in Libia - Venendo a Paradiso ho avuto la possibilità di conoscere un'altra Nazione, non è stato facile entrare in un contesto in cui si parla più di una lingua. Questo è stato l'ostacolo più grande che personalmente ho trovato in Svizzera. Viaggiando però, ho sempre cercato di rispettare le tradizioni e le culture di ogni Paese in cui mi sono ritrovato. Il miglior biglietto da visita che una persona può mostrare è il lavoro, attraverso il quale si ha l'opportunità di farsi conoscere e apprezzare. Ancora oggi questa è la mia missione...».
Cosa pensa del calcio svizzero?
«I rossocrociati hanno disputato un grandissimo Europeo. Tanti l'hanno catalogata come una sorpresa, ma fino a un certo punto. A livello tecnico la Svizzera ha tanti grandi giocatori. Murat Yakin è stato intelligentissimo a mettere in campo una squadra composta da elementi che erano reduci da un'ottima annata nei rispettivi club, trovo che questa sia stata la vera carta vincente. E poi, lasciatemelo dire, con l'Inghilterra non meritava affatto di uscire...».
A Paradiso ha già ottenuto una promozione (dalla Prima Classic alla Promotion). Quest'anno qual è l'obiettivo?
«Fare il meglio possibile... Se voi leggete i giornali sportivi dalla loro invenzione fino a oggi, le interviste fatte agli allenatori dai vari ritiri estivi sono sempre le stesse. Stesse parole, stessi concetti... Io, piuttosto che ripetere sempre le medesime cose, preferisco far parlare il campo. L'obiettivo dev'essere quello di costruire, partendo da una solida base sulla quale poi ogni allenatore cerca di mettere la sua mano, la sua firma. Dall'esterno non sempre si riesce a percepire il lavoro e la mano di un coach, perché si credono un po' tutti allenatori e ne sentiamo di tutti i colori. Detto questo, il nostro obiettivo è quello di consolidarci in Promotion League, facendo il massimo».
A Paradiso le vittorie non sono soltanto quelle ottenute sul rettangolo verde...
«Paradiso è diventata una società appetibile non solo per i ticinesi, ma per tanti giocatori che vengono dalla Svizzera Interna. L'ultimo in ordine di tempo è Evan Rossier, cresciuto a Losanna e che nelle prime due giornate di campionato ha già segnato due gol. Oltre a ciò, negli ultimi due anni abbiamo dato un giocatore allo Sciaffusa (Bizzarri, ndr), uno al Frosinone (Barcella) e uno al Bellinzona (Tokam Perrault). Queste sono le migliori vittorie che una società come la nostra può ottenere».
Nel weekend esordirete in Coppa Svizzera...
«Per me è una competizione nuova, sono molto curioso di scoprirla. Giocheremo contro una squadra di Seconda Lega - lo Schattdorf - che farà di tutto per farci la festa. Non sarà evidente, dovremo farci trovare pronti».
A Sannino non è mai stato regalato nulla: in carriera si è guadagnato tutto con il duro lavoro e in seconda istanza con i risultati...
«Sì, ho fatto tanta gavetta, ho lavorato tantissimo nelle categorie inferiori prima di potermi aprire qualche porta. Penso si possa dire: prima di arrivare ad allenare in Serie A ho dovuto mangiare tanta cacca. Ho vinto alcuni campionati ma soprattutto è stato il miracolo con il Varese che mi ha aiutato. In carriera nessuno mi ha mai regalato nulla».
La gavetta comprendeva anche il lavoro in un ospedale psichiatrico all'inizio degli anni '90...
«Quando avevo smesso di giocare il mio sogno era quello di diventare allenatore. A inizio anni '90 mi svegliavo all'alba e dopo oltre sette ore di lavoro all'ospedale di Voghera prendevo la macchina e mi recavo a Monza per allenare le giovanili. In clinica pulivo bagni e stavo vicino agli anziani sofferenti. Sono stati dieci anni lungo i quali ho capito davvero cosa sia la vita e cosa significhi fare sacrifici per vivere. Ho letto tanta sofferenza negli occhi di un sacco di persone: certe situazioni con le quali mi sono trovato confrontato in quegli anni non le dimenticherò mai. Sono dentro di me e mi hanno aiutato ad affrontare diversi periodi della mia vita. Al giorno d'oggi tanti ragazzi vogliono tutto subito e cercano la strada più breve per raggiungere i propri obiettivi. Secondo me è la strada più tortuosa a portarti lontano, quella che richiede maggiori sacrifici».
Intanto nel fine settimana riparte la Serie A: l'Inter si confermerà?
«È normale che parta con i favori del pronostico. Personalmente, però, farei attenzione anche al Napoli di Conte, un allenatore che stimo moltissimo. Se ha accettato l'incarico significa che ha in mente grandi cose. Attenti poi al Milan, dove Ibra vorrà farsi notare anche da dirigente. Appagamento Inter? Personalmente ho una mia teoria, ovvero che dopo due-tre anni o cambi il direttore d’orchestra o cambi i musicisti. È normale possa subentrare un po' di appagamento, ma non credo sia il caso dei nerazzurri, che quest'anno punteranno ad alzare l'asticella vincendo la Champions League. Inzaghi, che sento spesso, è uno dei migliori allenatori in circolazione e sono sicuro saprà tenere tutti sulla corda. Faranno un grande campionato».
...e la Juve?
«Reputo Thiago Motta un buon allenatore, che a Torino potrebbe trovare un prato nuovo da seminare ma anche un campo minato. Dopo quanto successo con Allegri - un grandissimo allenatore, oltre che un grande gestore con un carisma fuori dal comune - tutti sono curiosi di scoprire quale sarà il volto nuovo della Juve. Tornando ad Allegri, secondo me non meritava un addio così burrascoso, soprattutto pensando a quanti trofei ha vinto. Il mondo del calcio però è una centrifuga, dove oggi ci sei, mentre domani non ci sei più senza conoscere neppure i motivi...».
A due passi dal confine ci sarà la novità-Como...
«Sapete che sono molto positivo sul Como? Hanno una società solida alle spalle, che tiene tantissimo ai risultati sportivi della squadra. Se a ciò aggiungiamo la grande fame di Cesc Fabregas, ecco che i lariani potrebbero davvero togliersi delle belle soddisfazioni già quest'anno».