Tra luci e ombre il Bienne di Fuchs è già certo di un posto nella top-8: «La società ha sempre sostenuto Törmänen»
BIENNE - Ha sbandato (e non poco), ha attraversato una spirale negativa condita anche da 10 ko filati - di cui 8 in campionato che ne hanno pericolosamente assottigliato il margine sulla riga -, ma si è infine risollevato acciuffando con qualche turno d’anticipo un posto nella top-8. Stiamo parlando del Bienne di Antti Törmänen, che dopo aver superato le difficoltà che tra dicembre e gennaio ne hanno minato le certezze, si prepara ora alle ultime due fatiche della regular season.
«È un campionato folle, con grande equilibrio e un livello sempre più alto: servirà fino all’ultimissimo turno per capirne i verdetti e i vari accoppiamenti - esordisce Jason Fuchs, attaccante 24enne in forza ai Seelanders dal 2017 - Adesso siamo in “verde” e puntiamo a mantenere il quinto posto, ma - vada come vada - mi aspetto delle serie di playoff estremamente combattute».
A quota 75 punti, il Bienne chiuderà tra il quinto e il settimo rango. Niente vantaggio casalingo nei quarti, ma - per come si erano messe le cose nel periodo più buio - non ci si può lamentare.
«È stata dura, ma anche nel momento di maggior difficoltà siamo rimasti uniti e non abbiamo mai dubitato. Fortunatamente grazie al buon inizio avevamo un piccolo margine e, usciti dal “tunnel”, siamo tornati nel campionato ricominciando a vincere e fare punti. Abbiamo dimostrato di essere un gruppo ancora vivo e pian piano abbiamo ritrovato fiducia. Adesso ci prepariamo ai playoff dove, sarà anche banale dirlo, può davvero succedere di tutto. Lo scorso anno ci siamo fermati in semifinale contro il Berna (persa a gara-7, ndr). Quest’anno si vedrà: sappiamo di potercela giocare con tutti».
Da dove è nata la vostra reazione?
«A volte, quando non arrivano i risultati, è difficile trovare delle risposte. Anche nelle difficoltà siamo sempre stati un gruppo compatto. Alla fine il contenuto del nostro gioco era buono e quelle erano le basi per ripartire. Si può dire che gioco e sostanza ci hanno tenuti in vita».
Il posto di Törmänen non ha mai vacillato?
«I vertici societari non hanno mai panicato, sostenendo il coach al 100%. A volte è semplice mandare via un allenatore piuttosto che 20 giocatori, ma la società ha analizzato le prestazioni e ragionato in maniera differente. È stato un segnale di fiducia verso il lavoro di tutto il gruppo. A quel punto stava a noi ripagarla e ce l’abbiamo fatta».
Il periodo no era iniziato col doloroso rovescio in Champions contro il Frölunda, capace poi di vincere il trofeo per la quarta volta in cinque anni.
«Eravamo messi molto bene, vicini al colpo grosso, ed invece abbiamo perso in modo un po’ stupido. Da lì, anche con le voci che arrivavano dall’esterno, è salita la pressione. Si diceva che “il Bienne non sa vincere le partite che contano”. Questo, anche inconsciamente, ci ha fatto male».
Ora voi siete al “sicuro”, mentre una tra Lugano e Berna - salvo improbabili combinazioni - resterà fuori.
«Il calendario sembrerebbe più agevole per il Lugano, ma non sarà facile nemmeno per loro. Il Rappi in casa ha sempre fatto bene, mentre il derby… è il derby. L’Ambrì di Cereda difficilmente sbaglia quelle partite. Per i bianconeri non sarà semplicissimo: nell’ultimo weekend potevano fare punti pesanti proprio contro Berna e Friborgo».
Infine una curiosità legata alle misure prese per contrastare il Coronavirus. Voi, come club, avete già cambiato qualcosa nelle vostre routine?
«Non proprio. A livello di borracce ognuno ha la sua da anni. Per ora so che sono state vietate le strette di mano tra avversari. È una situazione strana e un po’ surreale per tutti: sia giocatori che tifosi. In Ticino immagino che sarà strano giocare senza spettatori. Noi cerchiamo di non pensarci e siamo pronti ad adattarci in base alle necessità. È una situazione ancora in via di sviluppo».