Paolo Duca, ds dell’Ambrì: «Noi eravamo favorevoli allo status quo. Questa decisione è figlia di un compromesso».
«Per fortuna non è un terremoto, come lo sarebbe stato in caso di passaggio a 10 stranieri o di apertura illimitata del mercato. Il rischio di aumentare il gap tra le squadre? C’è sicuramente».
AMBRÌ - AMBRÌ - Alcuni avrebbero voluto mantenere lo status quo, altri avrebbero preferito un cambiamento anche più marcato portando a 10 gli import o liberalizzando addirittura il mercato: alla fine si è arrivati a un compromesso. Dal 2022/23 in National League si potranno schierare contemporaneamente fino a 7 stranieri, mentre le licenze svizzere saranno “concesse” solo agli Under 22.
La riforma dell’hockey rossocrociato ha suscitato molte reazioni tra gli appassionati, alcuni dei quali piuttosto scettici sulle possibili conseguenze.
«Possono cambiare le regole, ma la nostra strategia non cambia: non modificheremo la nostra filosofia di club formatore», spiega chiaramente Paolo Duca, ds dell’Ambrì. «Noi eravamo favorevoli ad andare avanti con la situazione attuale, ma poi si sa che le decisioni vanno prese insieme e sul tavolo c’erano diversi temi. Questa riforma, che deve ancora essere ratificata formalmente, è figlia di un compromesso tipicamente svizzero. C’erano squadre che non volevano limiti per gli stranieri, altri che volevano portarli a 10. Quasi tutte, tranne noi, volevano anche modificare lo statuto legato alle licenze svizzere. Credo di poter dire che alla fine si sia trovata una soluzione ragionevole. Cambiano un po’ le carte in tavola, ma la situazione non viene stravolta».
Il ds biancoblù mette poi l’accento sulle licenze svizzere, che saranno ancora garantite agli Under 22.
«Questo era un punto a cui tenevamo molto. Come noto abbiamo sempre fatto della formazione la nostra strategia. Non solo dei nostri giovani, ma anche di ragazzi che vengono da fuori. Il fatto che questo statuto venga garantito agli U22 è fondamentale. Un ragazzo straniero, dopo la trafila nei settori giovanili, un giorno potrà chiedere la cittadinanza svizzera. Questo va a favore del nostro hockey ma anche della nostra Nazionale. Se avessimo abolito del tutto questo status negandolo agli U22, si sarebbero persi a priori molti talenti».
Sette stranieri sembrano davvero tanti, ma in realtà…
«Se guardiamo bene non è un cambiamento drastico. Oggi, in media, ci sono quasi tre giocatori con licenza svizzera per squadra. Questo vuol dire che, uniti ai 4 import, il numero si avvicina già a sette».
Dunque i tifosi, che in un primo momento hanno reagito con sgomento, possono stare tranquilli…
«Per fortuna non è un terremoto, come lo sarebbe stato in caso di passaggio a 10 stranieri o addirittura di apertura illimitata. Il cambiamento più grande è questo: chi viene in Svizzera in giovane età e si forma qui, alla fine dovrà decidere di richiedere il passaporto elvetico per poter continuare a giocare senza pesare sul contingente stranieri».
Un rischio però c’è. Le squadre più facoltose, potendo ingaggiare sette stranieri “top”, andrebbero probabilmente ad aumentare il gap con le medio-piccole.
«Questo rischio c'è sicuramente. Chi ha più potere finanziario potrebbe puntare su sette import di altissimo livello. In realtà va però detto che tali squadre, già oggi, possono ingaggiare i pezzi più pregiati sul mercato. Stranieri o svizzeri che siano».