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HCAP«Sono passionale, me la prendo, ma dopo un "no" volto pagina rapidamente»

04.01.24 - 08:30
Entriamo nel mondo di Paolo Duca, direttore sportivo dell'Ambrì: «La responsabilità è tanta, ma è un onore».
Freshfocus
«Sono passionale, me la prendo, ma dopo un "no" volto pagina rapidamente»
Entriamo nel mondo di Paolo Duca, direttore sportivo dell'Ambrì: «La responsabilità è tanta, ma è un onore».
«Fare il direttore sportivo ad Ambrì? La responsabilità è tanta, mi rendo conto del peso che ha il nostro club nel contesto dell’hockey svizzero ma soprattutto in quello ticinese e l’importanza che questa società riveste per tanta gente».
Hockey - LNA05.01.2024

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AMBRÌ - Quello del direttore sportivo è un lavoro che non ti consente di staccare la spina. Ancor di più quando questo mestiere lo si svolge ad Ambrì, dove un po’ tutto viene vissuto più intensamente. Era l'aprile del 2017 e Paolo Duca, dopo aver appeso i pattini al chiodo, aveva deciso di raccogliere la sfida. Oggi, a quasi sette anni di distanza, non ha perso l'entusiasmo perché ogni giornata è diversa e c'è qualcosa di nuovo da imparare. «Proprio così, tutti i giorni ci sono cose nuove da scoprire e l’entusiasmo è il medesimo del momento in cui sono salito in sella. La responsabilità è tanta, mi rendo conto del peso che ha l’Ambrì nel contesto dell’hockey svizzero ma soprattutto in quello ticinese e l’importanza che questa società riveste per tanta gente del nostro Cantone. È un onere, ma allo stesso tempo anche un onore». 

Paolo Duca riesce a fare la spesa senza essere fermato da qualcuno?
«Difficile. Ma trovo sia una caratteristica dello sport in generale, non solo dell’Ambrì. In Ticino l’hockey è parte integrante della vita di molte persone e la forte rivalità tra Ambrì e Lugano non fa altro che alimentare l’interesse. Ad ogni modo di hockey non parlo solo in mezzo alla gente comune: ho una moglie, dei figli, degli amici e dei parenti che sono interessati a quello che succede ad Ambrì». 

Quando chiudi una trattativa, i primi a saperlo sono i tuoi famigliari?
«No, assolutamente (ride). Sapete come sono, amo la riservatezza, soprattutto quando si parla di mercato. Trovo sia giusto mantenere discrete le trattative, e ancor di più le firme avvenute, fino al comunicato. E questo perché credo che la comunicazione sulla politica del personale spetti alle società».

Qual è il tuo rapporto con le critiche?
«Fanno parte del lavoro. In un ruolo decisionale come il mio, ma in generale per tutta la società, è impossibile fare contenti tutti. L’importante è metterci convinzione nelle decisioni, poi sappiamo che parte di esse non sempre si rivelano corrette. Ma succede così in ogni club, non solo da noi». 

Sportivamente, qual è stato il momento più duro di questi anni?
«Credo la prima stagione, quando siamo arrivati fino alla finale playout contro il Kloten. Ricordo che, dopo la seconda partita persa a Kloten, Ngoy e Plastino erano rimasti coinvolti in un incidente stradale. Per fortuna almeno Ngoy aveva potuto continuare la serie. Era comunque stato un momento duro nel quale servivano calma e sangue freddo, malgrado la poca esperienza che un po’ tutti avevamo».

Dai dolori alle gioie. Qual è stato il momento più emozionante?
«Sicuramente la conquista della Coppa Spengler, ma non dimentico nemmeno i playoff della stagione 2018/19 con la conseguente qualificazione alla Champions League. Anche la fine del campionato 2020/21, quando avevamo rimontato 14 punti al Berna nelle ultime gare, staccando clamorosamente il pass per i pre-playoff».

TiPressPaolo Duca e famiglia con la Coppa Spengler conquistata nel 2022.

Si può dire che in questi ultimi anni la dimensione dell’Ambrì sia un po’ cambiata?
«No, trovo non sia corretto. Abbiamo una pista nuova, è vero, ma il nostro posizionamento all’interno della Lega resta quello che è sempre stato. Rimaniamo un club formatore, nel quale i giovani possono crescere e progredire. Alcuni ci sono riusciti e di questo ne siamo ben felici».

…e più attrattivo?
«Questo sì, possiamo dirlo. C’erano alcuni giocatori a cui piaceva la Valascia, così romantica, così diversa dalle altre. Personalmente adoravo giocare alla Valascia, era un ambiente unico, un po’ nostalgico, legato a un fascino datato che nello sport moderno è difficile da trovare. Tuttavia, per tanti giocatori era un freno e un motivo per non venire ad Ambrì. Alla Gottardo Arena le condizioni di lavoro sono nettamente migliori: abbiamo delle temperature costanti, una sala pesi di tutto rispetto e dei sostegni tecnologici importanti. Tutto ciò aiuta sicuramente a rendere l'HCAP più attrattivo».

Qual è stata la trattativa più complicata della tua gestione?
«Senza dubbio quella con Kubalik. Eravamo confrontati con una situazione finanziaria delicata e non potevamo permettercelo. Non potevamo quindi pensare di fare il passo da soli. Si era presentata l'occasione di fare questo passo con l'ausilio di un'altra società, nella fattispecie il Plzen. E alla fine la cosa andò in porto...».

E un giocatore sfumato all'ultimo, che ti ha lasciato l'amaro in bocca?
«Ce ne sono tanti, ma preferisco non fare nomi. Dovete sapere che, spesso, quando annunciamo l'arrivo di qualcuno ce ne sono diversi che prima hanno detto no. Ma il mondo dello sport è e sarà sempre così».

Come "digerisce" Paolo Duca una trattativa sfumata?
«Sul momento me la prendo tanto, ma tendo anche a dimenticare abbastanza in fretta. Sono passionale, vivo intensamente certe dinamiche, ma fortunatamente sono in grado di voltare pagina».

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Ultimo aggiornamento: 03.11.2024 23:20
COMMENTI
 

Karl176 10 mesi fa su tio
Paolo Duca e Luca Cereda sono un colpo di fortuna per l’Ambrì. Nessun altro club annovera due personaggi come loro, legati al club non solo per motivi finanziari.

Luag 10 mesi fa su tio
Grande Paolo!
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