Negli ultimi 18 anni si sono seduti sulla panchina bianconera ben15 allenatori. È necessaria una sterzata.
I sottocenerini sono reduci da quattro ko di fila – l’ottavo nelle ultime undici uscite – hanno conquistato solo 42 punti dopo 36 partite e occupano la 13esima piazza della graduatoria.
LUGANO - Dal lontano 2006 – stagione in cui il Lugano è salito per la settima e ultima volta sul tetto nazionale – sono stati numerosi gli allenatori giunti alla Cornèr Arena, ma nessuno di essi è più stato in grado di ripetere l’impresa riuscita alla coppia Kreis-Zanatta. Avevano quasi colto l’obiettivo dapprima Doug Shedden nel 2016 – battuto in finale dal Berna – e poi Greg Ireland nel 2018, il quale si inchinò all’ultimo atto allo Zurigo. Oltre a loro, negli ultimi 18 anni, si sono seduti in panchina la bellezza di altri 13 coach ovvero Kent Ruhnke, John Slettvoll, Hannu Virta, Kent Johansson, Philippe Bozon, Mike McNamara, Barry Smith, Larry Huras, Patrick Fischer, Sami Kapanen, Serge Pelletier, Chris McSorley e appunto Luca Gianinazzi.
Sono sempre stati scelti tecnici con una grande esperienza a livello internazionale oppure che conoscevano molto bene il campionato svizzero, ma in un modo o nell’altro sono stati tutti costretti ad abbandonare la nave bianconera con risultati quasi sempre modesti. Con Gianinazzi la società ticinese aveva deciso di invertire la rotta e di affidarsi a un “prodotto” interno – ovvero all’head-coach che tanto aveva fatto bene con la U20 – per poter iniziare un progetto vincente a lungo termine. Così però non è stato poiché ha fallito anche il giovane ticinese, seguendo lo stesso percorso dei tanti allenatori dal passato glorioso che l’hanno preceduto.
Tirando le somme viene da pensare che il problema sulle rive del Ceresio sia ben più radicato e che si possa trovare a più livelli. Non si possono infatti addossare tutte le responsabilità a Gianinazzi e nemmeno all’ormai ex ds Hnat Domenichelli, rivelatosi peraltro coerente con le sue dichiarazioni, sciogliendo il proprio legame con i bianconeri nel momento in cui la società si è separata dal coach. Il Giana ha dimostrato di essere un allenatore capace, ma ancora acerbo per poter gestire una piazza ambiziosa, così come uno spogliatoio composto da elementi di grande esperienza e personalità. Ha sicuramente potuto beneficiare di una buona rosa, ma gli sono stati consegnati diversi stranieri il cui rendimento si è rivelato nettamente al di sotto delle aspettative. Senza calcolare che quasi tutti i giocatori che arrivano alla Cornèr Arena dopo stagioni fantastiche, abbassano costantemente il loro rendimento durante la permanenza in Ticino, per poi ritornare ai massimi livelli una volta che si sono trasferiti in un’altra realtà. Servono personaggi umili che hanno fame di vittorie.
Per il bene del club è giunto il momento di riflettere: come mai è fallito anche l’ennesimo progetto? Bisognerebbe forse fare ancora più pulizia in diversi settori all’interno della struttura bianconera, per ritornare ai fasti di un tempo in cui i giocatori si legavano al Lugano perché era una società forte e gloriosa. Tutto questo però è ormai finito nel dimenticatoio e adesso sarà necessario rialzare la testa.