Cadute e malumori: il pilota spagnolo sta vivendo un inizio di Mondiale da incubo
«Non sono io a decidere cosa guidare, sono un impiegato della Honda e sono loro a dirmi cosa portare in pista».
LE MANS - di Leonardo Villanova
Qualcuno ha già cominciato a vagheggiare un Jorge Lorenzo bis. Perché sono passate solo quattro gare, è vero, ma la luna di miele tra Pol Espargaró e la Honda sembra già finita, sempre che sia mai davvero iniziata. Proprio come accaduto a Jorge, in un 2019 che gara dopo gara per il maiorchino si era trasformato in un incubo che lo ha accompagnato al ritiro.
Dei sorrisi che avevano contraddistinto il minore dei fratelli Espargaró la scorsa stagione alla sola idea di vestire i colori della HRC, così come dei proclami trionfalistici con i quali aveva chiuso i primi test («La Honda non è una moto così difficile, non vedo perché non dovrei lottare per il titolo» aveva detto) ultimamente non c’è traccia nel box del pilota di Granollers. Che tra risultati deludenti (l’8° posto al debutto in Qatar come risultato migliore) e cadute (quattro) in aumento (nel warm-up di Jerez ha replicato il brutto volo del compagno Marc Marquez del giorno prima) inizia a mostrare i segni di chi si chiede: «Ma cosa ci faccio qui?».
Perché la RC213V è una moto parecchio complicata, e si sapeva, anche se era difficile prevedere le 16 cadute che finora hanno bersagliato i suoi piloti, con un anteriore troppo critico che spesso e volentieri tradisce chi la guida. Ma quello che Polycio probabilmente non si aspettava era l’atteggiamento di una Honda che quanto a programmazione e pianificazione del lavoro è quanto di più lontano dalle sue abitudini potesse immaginarsi. «Non so se sono io a non andare forte o se è un problema della moto o di quello che proviamo, perché ognuno di noi guida una moto diversa – si è sfogato a Jerez -. Non sono io a decidere cosa guidare, sono un impiegato della Honda e sono loro a dirmi cosa portare in pista».
Parole che fanno intendere un principio di scollamento tra il pilota che in questi anni si era sobbarcato il gravoso compito di fare diventare grande la KTM e che, all’improvviso, da leader di una Casa, si ritrova a vestire i panni “dell’impiegato”. Seppure a 350 km/h. In tutto questo, Espargaró non è aiutato neppure dall’assenza nel box di Alberto Puig, il team manager che lo ha voluto fortemente: alle prese con un grave problema alla gamba sinistra, a Jerez si sussurrava che l’ex pilota della 500 sarebbe addirittura a rischio amputazione.