Sonno-Suzuki, mentre la KTM fa incetta di dirigenti
A Mattighofen non stanno fermi, ad Hamamatsu dormono sonni profondissimi.
MATTIGHOFEN - Dal nostro corrispondente, Leonardo Villanova.
Se la Suzuki dorme sonni profondi, profondissimi, in KTM non stanno fermi e, provando a imparare dagli errori commessi, fanno campagna acquisti in Italia.
Fabiano Sterlacchini è stato uno dei grandi ingegneri della Ducati degli ultimi anni, cresciuto fino a diventare braccio destro di Gigi Dall’Igna. Tra divergenze professionali e prospettive di crescita incerte, a fine 2019 l’ex coordinatore tecnico ha lasciato Borgo Panigale. Poco più di un anno a casa - nel quale è stato vicino a diventare il nuovo segretario della MSMA, l’associazione che racchiude le Case costruttrici (candidatura bocciata dalla Honda) - poi ecco la nuova chiamata, questa volta da parte della KTM.
A Mattighofen, Sterlacchini è entrato defilato a inizio giugno, ma il suo destino era già chiaro: neo direttore tecnico. Davanti, l’ingegnere marchigiano aveva Mike Leitner, che nel ruolo di Team Director diceva la sua sia sul piano tecnico che su quello organizzativo, pur non essendo né un ingegnere, né avendo mai avuto chissà quale esperienza nella conduzione di un team. Chiusa la carriera, l’ex pilota si era infatti fatto strada come capotecnico, tra i tanti anche di Dani Pedrosa in Honda. Che Leitner non fosse ritenuto adatto al ruolo, in KTM lo si diceva sottovoce già da parecchio tempo, ma l’annata estremamente deludente (le vittorie di Miguel Oliveira e Brad Binder sono state solo un contentino, Danilo Petrucci non è mai stato preso in considerazione e a Iker Lecuona è stata distrutta la carriera in MotoGP) per una squadra che invece era partita per lottare per il Mondiale, ha portato Stefan Pierer, il vulcanico proprietario degli arancioni a cambiare rotta. E dopo aver promosso ufficialmente Sterlacchini, ecco il colpo a sorpresa di strappare Francesco Guidotti alla Pramac ma anche alla Ducati, dove più di uno lo immaginava in un futuro non troppo lontano. Per il manager toscano è un ritorno, visto che ai tempi della 125 era stato nella sua squadra che Marc Marquez aveva esordito nel Mondiale. Soprattutto, in questi 10 anni in Pramac, ha fatto vedere le ottime capacità organizzative e gestionali che hanno portato il team toscano a essere un riferimento del paddock. Il suo addio improvviso sarà un problema per la squadra di Paolo Campinoti, ma adesso bisognerà vedere se la sua visione riuscirà a rendere la KTM, dove in questi anni di scelte strane ne sono state fatte parecchie, un team capace di lottare per la vittoria ogni domenica. E intanto in Suzuki, tra un fuggi fuggi di ingegneri e Joan Mir e Alex Rins che cominciano a guardarsi intorno, si continua a sfogliare la margherita: avremo un team manager, non avremo un team manager… È passato solo un anno dal trionfo iridato di Valencia, sembrano dieci.