Con le sue banane, Ross Brawn “dominava”
In Ferrari hanno la macchina, non vincono per il resto.
MARANELLO - Il giallo dell'estate potrebbe intitolarsi “Chi ha ucciso la Ferrari?”. Perché da qualche parte un colpevole deve pur esserci.
La Formula 1 va in vacanza cercando una risposta alla domanda emersa dopo la débâcle ungherese, che la stampa italiana ha dipinto con varie sfumature: Caporetto, disastro, suicidio, autogol, sprofondo. C’era l’imbarazzo della scelta, con grande gioia degli assaltatori del web, prontissimi a trasformare in meme ogni espressione di Mattia Binotto. Arrivare alla pausa del campionato con 80 punti di distacco da Verstappen e 97 dalla Red Bull non era esattamente il sogno di mezza estate della Scuderia: in questa stagione la Ferrari era infatti chiamata a dare un segnale di vita, a reagire dopo l’anonimo e imbarazzante 2021.
Quella reazione c’è stata, come testimoniano le quattro vittorie e le otto pole. Il problema è che più passavano le gare più ci rendeva conto del potenziale della SF 75 e le ambizioni crescevano. Prima dell’Ungheria non c’era stato Gran Premio in cui la Ferrari non era in stata in grado di puntare alla vittoria. Il bilancio di 9 vittorie a 4 (in favore della Red Bull) prima di domenica era considerato bugiardo considerando la velocità dell’auto. Senza errori dei box, dei piloti e con una certa affidabilità, il bilancio avrebbe infatti potuto essere decisamente diverso. Poi è arrivata la gara magiara dove, clamoroso errore strategico a parte, la Ferrari non si è mostrata abbastanza veloce per battere Verstappen (per battere tutti gli altri però sì). Che cosa sia successo, Binotto lo sta ancora cercando tra i dati raccolti. Ci sono sbagli strategici che si ripetono (Monte Carlo, Silverstone, Budapest) e richiedono un intervento. Probabilmente non è necessario cacciare qualcuno, ma cambiare qualcosa nelle procedure e nelle scelte finali pare inevitabile.
Quando era su quel muretto, per fare un esempio, tra una banana e l’altra Ross Brawn non sbagliava una chiamata e Schumacher interpretava a meraviglia le sue intuizioni. Come quando nel 1998 trasformò il suo Gran Premio di Ungheria in una serie di giri da qualifica facendogli fare una sosta in più di Hakkinen e Coulthard. Senza contare come anche ai cambi gomme, nonostante i miglioramenti, si perdano spesso secondi preziosi. Sono tutte aree nelle quali bisogna lavorare. Ora che c’è la macchina, non vincere per il resto pare davvero così assurdo.