Dispiace per la fioritura dei ciliegi, ma dal GP del Giappone - un tempo era l’OK Corral, ora non più - arriveranno risposte importantissime
Gli appassionati hanno già l'acquolina in bocca. Chi va bene a Suzuka va bene dappertutto, chi va male è meglio che si metta a lavorare...
SUZUKA - I giapponesi non l’hanno presa bene. Un GP del Giappone nei giorni della fioritura dei ciliegi è quasi un affronto. Erano abituati a ospitarlo ad ottobre, qualche volta lo avevano accettato a fine settembre o inizio dicembre. Ma in primavera mai. La Formula 1 però ha deciso di giocare d’anticipo e con la scusa di accorciare i viaggi ha messo la gara di Suzuka a metà strada tra l’Australia e la Cina. Quasi una scelta sensata in un calendario che a maggio-giugno, tra Monaco e Barcellona ti spedirà in Canada. O che qualche mese prima ti farà passare dalla Cina a Miami.
Dispiace per la fioritura ciliegi, ma la prova giapponese in questo momento della stagione ha davvero un gusto particolare: ci permetterà di capire una volta per tutte i valori in pista dopo aver gareggiato su piste particolari come il Bahrain e Melbourne, o assurde come Gedda. Quello di Suzuka è uno dei circuiti più belli del campionato, una delle piste preferite dai piloti insieme a Spa. Una pista impegnativa per uomini e soprattutto auto. Qui si capisce se una monoposto è davvero buona, qui emergono i difetti. E una cosa era scoprirlo a fine campionato, quando tutto ormai era venuto a galla, un’altra è arrivarci adesso che siamo ancora all’inizio della storia.
Il GP del Giappone una volta era l’OK Corral, il luogo della sfida finale tra Burt Lancaster e Kirk Douglas; oggi è un po’ quello che per anni è stato l’Ohio per le elezioni presidenziali statunitensi, fa capire come andrà a finire. E ritrovarsi a Suzuka dopo il golpe ferrarista di Melbourne è un po’ come sentire il profumo del capretto nella domenica di Pasqua (ci scusino vegetariani e vegani): viene una grande acquolina in bocca. Sarà Suzuka a raccontarci se la Ferrari può sognare o se Melbourne 2024 dovrà essere considerata come Singapore 2023, ossia un caso isolato, la pecora nera in mezzo ad un gregge bianco.
Con le sue 18 curve in 5807 metri, la pista di Suzuka, impianto di proprietà della Honda che ha appena compiuto 60 anni e ospita il Gran Premio dal 1987, è caratterizzata da tratti da alta velocità con frequenti cambi di direzione, e quindi si genera molta energia negli pneumatici. In un certo senso è un circuito anomalo per quanto riguarda la distribuzione dello sforzo sulle gomme: è il più equilibrato e simmetrico di tutto il calendario, quindi l’energia prodotta dalle curve a destra è identica a quella che si crea nelle curve verso sinistra. Chi va bene qui va bene dappertutto. Chi va male qui è meglio si metta a lavorare. «Se chiedi ai piloti quali sono i loro circuiti preferiti, Suzuka sarà sempre tra i primi posti della lista – ci raccontava Mario Isola, il responsabile Racing di Pirelli - In nessun’altra pista puoi trovare delle curve così impegnative, si pensi alla 130R o alla Spoon, un’atmosfera e una storia davvero speciali e dei tifosi fantastici. Per via del suo caratteristico layout a forma di 8, il numero di curve del circuito, a destra e a sinistra, è sostanzialmente uguale. Pertanto le sollecitazioni sono equamente distribuite sull’intera monoposto».
Un vero esame per le auto. Con il peso della storia. Qui, quando la gara era a fine calendario, si sono decisi 12 campionati del mondo (come nel GP d’Italia a Monza), anche in modo cruento come negli anni del doppio scontro tra Senna e Prost. Non finirà così tra Max e i ferraristi. Ma domenica all’alba europea (la gara scatta alle 7) sapremo se la Ferrari può davvero continuare a sognare.