Valentino non potrà mai sotterrare l’ascia di guerra
“Marquez è il pilota più sporco della storia”... testimonianza diretta.
MISANO ADRIATICO - Si torna sul luogo del “delitto”, due settimane dopo quei due giri pazzi che hanno aggiunto un po’ di gloria alla storia di Marc Marquez e fatto nascere ulteriori dubbi sulla forza mentale di Jorge Martin. E se nel GP dell’Emilia-Romagna è atteso il riscatto di Francesco Bagnaia, la curiosità è su come Marc si presenterà in riva all’Adriatico. Visto che, alla carica agonistica del bis di Misano subito dopo aver rotto il ghiaccio ad Aragon, per lo spagnolo il 14esimo appuntamento stagionale si aprirà sull’eco delle parole al vetriolo di Vale Rossi nel podcast Mig Babol di Andrea Migno.
Quel “è il pilota più sporco della storia” alla chiusura del capitolo sul 2015, fa capire come per Valentino la ferita del decimo titolo sfumato sia destinata a non rimarginarsi mai. E, inevitabilmente, la memoria torna a quella stagione dominata in lungo e in largo dalla Yamaha, con Rossi e Jorge Lorenzo a darsele e ridarsele, prima che la zampetta di Marquez entrasse a gamba tesa a inquinare il campionato.
L’accusa di Vale all’iberico allora in Honda di avere giocato sporco per favorire un terzo, è stata in un certo modo confermata dallo stesso Marquez negli anni recenti, in primis nel suo stesso docufilm, nel parlare di quanto accaduto a Sepang e poi a Valencia. Ma scavando nel profondo, la condotta di Marc, che aiutò Lorenzo a vincere un Mondiale che magari Jorge avrebbe portato a casa lo stesso, è stata anche un “progetto” egoistico, un fermare Valentino (passato da eroe a ossessione sportiva) dal raggiungere quel decimo titolo che anche un Marquez in quel momento dominante non era così sicuro di poter acciuffare (e, infatti, a oggi non c’è riuscito).
Ha pianto lacrime di coccodrillo, Marquez, dopo essere caduto in Argentina in seguito al contatto con Rossi, che l’aveva raggiunto e superato inequivocabilmente. Questo senza mai ammettere come fosse stato lui a intestardirsi nel resistere, centrando prima Valentino alla curva successiva e poi andando giù toccando con la gomma anteriore la posteriore del rivale. Si è gonfiato di rabbia ad Assen, con quel finale convulso, il suo attacco disperato all’ultima curva a Rossi, che per evitare il patatrac (che Marc aveva messo deliberatamente in conto) si è rialzato tagliando la chicane. Ha giocato d’astuzia in Australia, vincendo la gara, sì, ma facendo in modo che Rossi non finisse davanti a Lorenzo.
I tre indizi che forniscono una prova, come sa qualunque giallista, prima del regolamento di conti malese. Quel giovedì nella sala stampa di Sepang, vedemmo il volto di Marquez incendiarsi mentre Rossi – che quel giorno commise il più grande errore della sua carriera, sottovalutandone la reazione – lo attaccava senza filtri davanti alle telecamere di tutto il mondo. Come un bambino scoperto a rubare la cioccolata, l’imbarazzo di Marc era evidentissimo, mentre la tensione raggiungeva picchi altissimi. Da grande attore quale è, si riprese subito, mostrando la faccia del grande offeso, ma fu in quel momento che Rossi divenne il nemico mortale e lui decise di fargliela pagare definitivamente. Tre giorni dopo, in gara, iniziò subito a disturbarlo in ogni modo possibile, tagliandogli la strada e rischiando in diverse occasioni il contatto, bravissimo a far perdere la pazienza a Valentino.
Se ci sia stato un calcio di Rossi o se fu il manubrio di Marquez a colpire l’arto, con conseguente caduta, è un tema su cui i tifosi si divideranno sempre. Ma il comportamento di Valencia, dove fece da guardia del corpo a Lorenzo tutta la gara, mandando anche largo il compagno Dani Pedrosa che lo aveva attaccato e “minacciava” di andare a vincere, è una sentenza di condanna sulla sua integrità sportiva che resterà per sempre nella memoria di tutti. Soprattutto in quella di Rossi, per il quale l’ascia di guerra non potrà essere sepolta mai.