Fortissimo ma superbo, Martin rischia
Lo spagnolo ha imparato dai suoi errori?
VENTNOR - Il fantasma dell’Isola che agita i pensieri di Jorge Martin. Ci sono errori ed errori. Le cadute, in primis, che fanno parte del gioco, perché viaggiando a 300 km/h su una superficie di pochi centimetri quadrati di gomma, la scivolata, l’high-side, la traiettoria sbagliata che compromette tutto, rappresentano il passeggero invisibile che ogni pilota porta con sé sulla moto.
Poi ci sono i guai tecnici, perché per quanto la tecnologia abbia fatto passi da gigante, la moto resta sempre un mezzo meccanico. Il motore può rompersi (vedi Marc Marquez in Indonesia), un settaggio di elettronica errato può rendere il mezzo inguidabile, una gomma può soffrire di problemi di costruzione o venire gonfiata con pressioni sbagliate, ma anche un meccanico può fare un errore in fase di montaggio.
Infine, ci sono gli errori di presunzione. Quelli che possono costare carissimo. Quelli che non bisognerebbe mai fare. Jorge Martin, nel finale dello scorso anno si mise negativamente sotto i riflettori ben due volte, tradito dal proprio ego, abbagliato dall’idea di mandare in scena una prova di forza che nell’esaltare la sua velocità avrebbe ridicolizzato i rivali. La caduta nel GP di Mandalika, dove viaggiava in testa con un vantaggio siderale, gli costò quella leadership della generale conquistata a fatica 24 ore prima nella Sprint. Ma fu l’Australia, Phillip Island, a dare al pilota spagnolo della Ducati Pramac una lezione pesantissima che – anche se non ci sarà mai la controprova – ha influito tanto sulla sua possibilità di vincere il Mondiale. Cosa che gli avrebbe anche garantito la Ducati ufficiale (con retrocessione di Enea Bastianini) e una carriera ancora alla rossa invece di un trasloco in Aprilia.
Aveva trovato una sintonia così grande col circuito che si affaccia sul mare, Martin, andava così più forte di tutti in qualsiasi condizione e con qualsiasi gomma, da farlo sentire invincibile e irraggiungibile. Da fargli scegliere di partire nel GP anticipato al sabato per il maltempo, unico sulla griglia, con gomma morbida invece della media di tutti gli altri. Malgrado i tecnici della Michelin lo avessero sconsigliato, malgrado la sua squadra avesse provato a insinuargli il dubbio. Per 15 dei 27 giri, la gara di Martinator fu una marcia trionfale che lo portò a un vantaggio massimo di 3”5. Poi, lento prima, quindi sempre più veloce, infine rapidissimo e doloroso, ecco il tracollo della gomma e gli avversari a piombargli addosso come cani feroci. Al penultimo passaggio passò ancora primo sul traguardo, Martin, quattro chilometri e mezzo dopo chiuse quinto, con Francesco Bagnaia secondo e un po’ più lontano nel Mondiale. E se quel giorno per un giro Martin perse la gara, a fine stagione quell’errore pesò come un macigno.
Ha già sbagliato a Misano-1, lo spagnolo, con quel cambio moto senza senso, si è buttato via nella Sprint in Indonesia, giù mentre era nettamente primo. Adesso arriva l’Isola dei pinguini, e chissà se quell’errore di dodici mesi fa arriverà a rovinargli le prossime notti. Perché vincere gli permetterebbe di allungare in classifica e continuare a sognare, ma se Pecco gli rosicchierà ancora qualcuno dei 10 punti che ha oggi di vantaggio, quello del Mondiale rischia di trasformarsi in incubo.