Antoine Rey: «Vi racconto il mio presente a Mendrisio. Ma non solo...».
In carriera il 37enne - oggi attivo presso un istituto bancario momò - ha vestito le maglie di Losanna, Lugano, Chiasso e Mendrisio (squadra attuale).
MENDRISIO - Quando si dice che un giocatore è meglio averlo nella propria squadra che contro. In questa categoria rientra senza dubbio Antoine Rey, ex capitano del Lugano e oggi giocatore del Mendrisio in Prima Lega Classic. Nella sua carriera il 37enne non si è mai tirato indietro, gettando il cuore oltre l'ostacolo, rincorrendo palloni e avversari e versando litri di sudore.Â
Quando si sono giocate sei partite, di un ancor giovanissimo campionato, la squadra guidata in panchina da Amedeo Stefani occupa l'ottava piazza con otto punti. «È un po' presto per stilare un bilancio - è intervenuto Antoine Rey - Siamo partiti con due vittorie, ma poi ci siamo un po' arenati. Se però guardiamo il gioco espresso ci siamo sempre offerti la possibilità di vincere. Ogni tanto ci è andata bene, altre no, ma il calcio è così».
Siete comunque una neo-promossa...
«Sicuramente ne siamo consci e proprio per questo abbiamo cominciato il campionato con la giusta umiltà . Se si eccettuano un paio di innesti, a livello di effettivi la squadra è grossomodo quella dell'anno scorso. Scendiamo in campo senza troppa pressione, con la voglia e la determinazione di fare punti contro tutti, evitando figuracce. Forse, in questo primo scorcio di stagione, ci è mancata un pizzico di consapevolezza nei nostri mezzi. Dobbiamo credere un po' di più in noi stessi, l'anno scorso da questo punto di vista era tutto completamente diverso perché sapevamo di essere i più forti».
In rosa potete contare su elementi di comprovata esperienza, come te, Tarchini e Martinelli...
«Certo, un po' di esperienza non guasta mai. Se pensiamo al livello di Martinelli è impressionante, è nettamente fuori categoria. A 30 anni ha ritrovato un livello molto alto dopo la batosta per aver dovuto lasciare il calcio d'élite a causa del problema al cuore riscontrato a Palermo».
L'età avanza, ma Antoine Rey sembra sempre avere tre polmoni...
«Avevo iniziato bene, ma nelle ultime partite mi sono sentito un po' più limitato. Devo accettarlo, l'età avanza... Da un lato è frustrante, perché ho sempre l'ambizione di andare a mille all'ora, ma dall'altra devo farmene una ragione visto che il calcio oggi non è più la mia attività principale».
Davanti avete Gibellini, già autore di cinque gol...
«Era arrivato l'anno scorso dall'Italia con un ottimo spirito. Si è subito integrato portando tanta qualità e velocità . Anche il salto in Prima Lega l'ha superato senza troppe difficoltà ».
...e il Lugano? Lo segui ancora?
«Sì, sono sempre un tifoso. Purtroppo giocando spesso nel weekend, non ho molto tempo per andare allo stadio. Qualche volta ci vado, ma mi fa sempre piacere quando vince. Lugano è stata casa mia per tanti anni».
Del "vecchio" Lugano non c'è più (quasi) nessuno... Fra buoni risultati e il futuro stadio, quella bianconera è diventata e sta diventando una piazza solida del calcio elvetico...
«Anche con Renzetti è arrivata due volte l'Europa, per cui parlerei più di conferma che di sorpresa. Vedere un Lugano così in alto fa piacere, forse con Renzetti era ancor più bello e romantico in quanto la sua gestione ha sicuramente richiesto un sacco di sacrifici. Con i bianconeri ho avuto la fortuna di festeggiare la promozione, la salvezza non scontata con Zeman e la qualificazione all'Europa con Tramezzani. Quanti bei ricordi...».
La tua avventura sulle rive del Ceresio non era però finita benissimo...
«Non nego che quando hanno deciso di non rinnovarmi il contratto ci sono rimasto male. Avevamo fatto una bella stagione, non ero più titolare inamovibile, è vero, ma sinceramente pensavo di poter dare ancora qualcosa alla causa. Renzetti però era di tutt'altro avviso, convinto che il mio ciclo fosse finito. Ma è qualcosa che capita a tutti, il calcio da un giorno all'altro ti scarica. Ma è un processo normale, capita a tutti. Non c'è un'età giusta affinché accada, non puoi prevederlo. Ma devi essere consapevole che prima o poi succede, senza preavviso o segnali che te lo fanno capire».Â