Reuille: «Quando Furrer ci disse: "Siamo qui a Zurigo ma in realtà giochiamo a Lugano”»
Seba Reuille e i suoi aneddoti: «Nel 2018 arrivammo a gara-7 della finale praticamente senza più energie».
LUGANO - Milletrentacinque match ufficiali in National League, tra regular season e playoff, sono un’enormità. Una vita intera dedicata all’hockey, contando poi pure gli anni trascorsi da direttore sportivo dei Rockets. Una vita fatta di emozioni, trionfi, cadute, gioie e dolori. E aneddoti. Come quelli di cui è piena la valigia di Sébastien Reuille. Una valigia che, ora che disco e ghiaccio li guarda da fuori, il 42enne ha aperto per noi.
«Nel 2018, con il Lugano, giocammo una finale complicatissima contro lo Zurigo - ci ha raccontato l'ex bianconero - Persi ancora prima di cominciare Chiesa, Bürgler e Brunner, riuscimmo comunque a tenere testa ai Lions. Andammo sotto 1-3 nella serie ma non mollammo».
Vinceste gara-5 in casa.
«Per tutta la stagione davanti ai nostri tifosi riuscimmo a fare buone prestazioni. E proprio per questo, in gara-6 all'Hallenstadion, Philippe Furrer si portò dietro... la Cornèr Arena. Anzi, la Resega: si chiamava ancora così. Prima della partita si presentò con una borraccia di quelle che vedete in panchina. E cominciò a parlare a tutta la squadra».
E che disse?
«Qualcosa del tipo: "Siamo qui a Zurigo ma in realtà giochiamo a Lugano. Ho preso un po' di ghiaccio dalla nostra pista e lo spargerò su questa, così sarà come essere in casa"».
Così fece?
«Esatto. Pensate la situazione. Aveva preso il ghiaccio, l'aveva conservato in una borsa frigo durante tutto il viaggio ed era lì a parlare a tutti. Per darci la carica. Sparse tutto in pista».
E per magia vinceste?
«Non dico che riuscimmo a farcela per quello, ma che sicuramente quel gesto colpì molti. In una partita, in una finale soprattutto, sono anche i piccoli gesti o gli episodi a fare la differenza. Io credo che quell'iniziativa di Philippe ci diede un po' di sicurezza».
La storia ha però un finale negativo. In gara-7 la spuntò lo Zurigo.
«È vero. Noi arrivammo a quell'ultima fatica praticamente senza più energie. Oltre agli infortunati di regular season, perdemmo pezzi pure durante i playoff. Però quel gruppo fece qualcosa di eccezionale. I senatori - e penso a Furrer, ma anche a Lapierre, a me e a tutti gli altri - diedero l'esempio e i giovani - tra cui Hofmann, Elvis e Fazzini - fecero molto bene. Tutti ci sentivamo importanti e tutti diedero una mano. Anche la quarta linea, anche Vedova o Zorin, che aveva giocato per gran parte della stagione ai Rockets ed era stato chiamato viste le tante assenze, si fece rispettare».
Il singolo conta, la squadra di più.
«Il gesto di Philippe ne è un esempio. Cementò il gruppo in un momento difficile».