«Una volta abbiamo dormito in sette-otto in un appartamento minuscolo, dopo aver preso un aereo e fatto tre ore di treno»
«La Nazionale è per me anche la maglietta di Mattia Bottani. Appesa in ufficio ho una di quelle che ha ricevuto per il suo debutto con il Portogallo».
CHIASSO - Giocatori, allenatore e dirigenti contano tantissimo, ma la vera ricchezza di una società, club o nazionale non fa differenza, sono i tifosi. Come Stefano Tonini, sempre disposto a fare i salti mortali pur di seguire la Svizzera.
«La Nazionale ti rappresenta - ha spiegato il 32enne municipale di Chiasso - è la tua squadra, la tua bandiera. Porta in giro per il mondo i tuoi colori, le tradizioni, la lingua. Quando sei in trasferta a seguire i rossocrociati porti insomma un po’ di te. E fai incontri. Capita che ti chiedano “ma non parli svizzero?”. Ecco, la Nazionale fa un po’ da ambasciatrice: ci aiuta a raccontare quello che è il nostro Paese che, ve lo assicuro, i tifosi delle altre selezioni vedono molto bello. Comunque non c’è solo l’aspetto turistico. La Svizzera è anche passione, una passione resa ancora più forte dai risultati. Ci qualifichiamo sempre per le grandi competizioni: non è per nulla scontato, visto il bacino d’utenza. Il merito di ciò è della Federazione, che sta facendo un ottimo lavoro e che ha stimolato la crescita di tutto il movimento. La Nazionale è per me infine anche la maglietta di Mattia Bottani. Una delle cinque che ha ricevuto per il suo debutto con il Portogallo ce l’ho io. Siamo molto amici e me l’ha regalata: l’ho appesa in ufficio».
Qual è la cosa più pazza che hai fatto per la Nazionale?
«Con il mio gruppo di amici siamo andati in giro per il mondo. Abbiamo preso pioggia e freddo, ma quando ne abbiamo avuto la possibilità abbiamo sempre risposto alla chiamata. Per i Mondiali in Russia, nel 2018, è capitato di partire per seguire un match, rimanere lì tre-quattro giorni, tornare a casa giusto per organizzare la nuova trasferta, per un paio di giorni magari, e poi riprendere la valigia. E non pensate a viaggi comodi. Una volta abbiamo dormito in sette-otto in un appartamento minuscolo, dopo aver preso un aereo e fatto tre ore di treno. La Svizzera giustifica queste avventure, che si trasformano velocemente in esperienze di vita, nelle quali la politica non trova spazio. In giro siamo prima di tutto amici nonostante ideali diversi. Nel mio gruppo c’è Boris Bignasca, è vero, ma pure Nicolò Parente, sindaco di Lumino».
C’è un giocatore che ruberesti a un’altra selezione?
«Sicuramente un bell’attaccante. Questo perché ultimamente, lo abbiamo visto nelle qualificazioni, non si vince mai. Ci siamo qualificati come secondi, meritavamo sicuramente di più ma a questo punto si deve crescere ancora. Anche cambiare. Spero che ora dell'Europeo in Germania l'allenatore riesca a inserire dei giocatori, magari anche giovani, e che riesca a invertire il nostro scomodo trend di pareggi e sconfitte».
Hai parlato di allenatore… Cosa pensi di Murat Yakin?
«Io avrei dato una bella scossa e cambiato. Avrei mandato via Yakin e puntato su un altro. Sono un grande tifoso di Croci-Torti, giovane, ticinese, umile, che ha giocato, ha lottato, e soprattutto ha dimostrato di essere un allenatore vero. Credo che per quel posto serva una persona energica e carismatica. È presto per Mattia? C’è della scaramanzia. L’umiltà e la voglia di migliorarsi al prossimo selezionatore non devono comunque mancare».
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