Il famoso giornalista e narratore Buffa è a Lugano con “La Milonga del fútbol”, appuntamento per il 14 febbraio al Palazzo dei Congressi
«Ho vissuto una vita segnata dall'assenza di responsabilità. E l'assenza di responsabilità dà una dipendenza molto superiore a quella data dagli oppiacei».
LUGANO - Renato Cesarini, Omar Sivori e Diego Armando Maradona. Storie di calcio e di uomini. Storie di Argentina. Storie raccontate da Federico Buffa, che mercoledì 14 febbraio 2024 sarà al Palazzo dei Congressi con “La Milonga del fútbol”.
Che Federico Buffa amasse quella terra magica e ricca di contraddizioni che è l’Argentina lo aveva capito anche il più distratto degli appassionati sportivi. Il miele versato a più riprese su Manu Ginobili, hombre vertical di Bahia Blanca, o, nonostante la sua incrollabile fede milanista, gli inchini davanti al cyborg Javier Zanetti (pronuncia Havier Sanetti, please), sono solo alcuni dei tributi portati agli sportivi del Paese sudamericano. Ma non è solo di sportivi che parla e vuol parlare il 64enne milanese. Parte dallo sport, certo, ma poi racconta di uomini.
«Gli argentini sono speciali - ci ha spiegato proprio Buffa - Sono convinti che quando tutta la civiltà umana sparirà dalla faccia terra, resterà l’immaginazione argentina. Sono proprio di un altro livello. Ed è per questo che i “vicini” non li sopportano».
Come arriva a questa pièce teatrale uno che ha cominciato da avvocato, per poi "dilettarsi" come procuratore di giocatori, giornalista e narratore?
«La mia vita è stata un po' rapsodica. Sono finito in tanti rivoli, all’interno dei quali ho sviluppato questo amore non indifferente nei confronti di questo Paese complesso, con una storia molto complicata, ma con un fascino che non ha eguali. Andare su un palcoscenico era una cosa a cui io non avevo neanche mai pensato. Io facevo il telecronista. Nacque tutto per un'idea di quello che ora è il direttore di Sky: si inventò di farmi fare il narratore senza che io l’avessi mai chiesto. Era il 2012, dovevo partire per il Giappone e cambiare vita… e invece rimasi. Ci fu un cambio completo di rotta, che poi è anche il motivo per cui sono successe mille altre cose. Sono stato in tv con “Le Olimpiadi del ‘36”. È andata bene e mi hanno chiesto di farlo in teatro. Non ero convinto, lo spettacolo era pensato con tre repliche e invece è arrivato a centoventisei. E da lì è partita una slavina che è cresciuta ed è diventata quella che è la mia vita attuale. Negli anni ho poi pensato che mi sarebbe piaciuto uno spettacolo che avesse l'Argentina di mezzo. E siamo qui, con qualcosa che ho scritto integralmente, senza esserne capace. E che, originariamente pensato in un modo e con una lunghezza, dopo essere stato ripreso e corretto ho tagliato fino ad arrivare alla versione attuale, molto più gestibile».
Hai spesso sottolineato come, per poter essere lucido e concentrato, hai scelto di vivere in una casa spoglia, minimalista. Quell’ordine e quella quadratura sono però sconosciuti agli argentini.
«Ho bisogno di stare concentrato e ci riesco solo in un luogo che sia armonico per i miei pensieri. Perché i miei pensieri arrivano quando vogliono. Mica decido io. L’Argentina è tutta un’altra storia: quando ci vado, infatti, mi è impossibile rimanere fuori dal gorgo terrificante che è la vita di quelle persone».
Ora c’è l’Argentina. Per tutta la vita ci sono stati gli Stati Uniti. Ma c’è stato pure lo spazio per il Giappone. Qual è il posto che Federico chiama casa?
«Ho l'ambizione, che poi non diventa una realtà, di essere un cittadino sotto ogni cielo. A me piace veramente stare nei luoghi e cercare di provare a parlare come le persone del posto. Ascoltare le cose che vengono dette, immedesimarmi. Lo faccio da quando sono piccolo. Vi racconto una storia, è la prima volta che ne parlo. Per i miei 16 e 17 anni, i miei genitori mi permisero di andare a fare due estati consecutive a Londra. Più o meno per quarantacinque giorni. Mi diedero, non so, duecentomila lire e per il resto mi sarei dovuto mantenere. Ho quindi dovuto lavorare, non ho fatto vacanza. E in quei quarantacinque giorni, per due, ho sviluppato questa idea di cercare di mescolarmi con la cultura del luogo».
Molto spesso parli del figlio che non hai avuto, provando a ritrovare quella gioia in episodi che ti hanno emozionato e, comunque, cambiato la vita.
«Sempre che io sappia, un piccolo Buffa non c’è, ma non è un peso, altrimenti mi sarei dato da fare. Ho vissuto la vita più adatta a me. Almeno credo. Poi… non c’è la controprova. Una vita segnata dall'assenza di responsabilità. E l'assenza di responsabilità dà una dipendenza molto superiore a quella data dagli oppiacei».
I rapporti sono anche quelli con le fidanzate o con la sorella che sgrida lo zio assente.
«Ci sono varie signore che sono sicuro mi metterebbero volentieri sotto con la macchina, è vero. I rapporti dovrei curarli meglio, è vero. Per quanto riguarda mia sorella… mi sgrida ancora adesso. È molto più intelligente e più brillante di me, io ho avuto soltanto più opportunità e lei non è particolarmente ben disposta da questo punto di vista».
La pigrizia nel coltivare i rapporti è qualcosa che gli argentini, passionali e intensi - si torna a loro, si torna allo spettacolo - non contemplano.
«Non è che io non abbia passione. Solo ho una visione della passionalità un po'... circoscritta. E tendo poi a proteggermi. Nel mondo argentino non c'è niente di realmente impossibile. Lì hai la netta sensazione che tutto sia praticabile. Nessuno va vicino alle persone che vivono in quel Paese. E questo mi affascina proprio mortalmente».