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PICCOLE STORIEUno spagnolo a Losanna, fra hockey e... Rabadan

08.02.24 - 14:45
Olivier Souto è cresciuto nel settore giovanile dei vodesi e ha iniziato a giocare a hockey a quattro anni. «Una scuola di vita».
Foto, OS
Uno spagnolo a Losanna, fra hockey e... Rabadan
Olivier Souto è cresciuto nel settore giovanile dei vodesi e ha iniziato a giocare a hockey a quattro anni. «Una scuola di vita».
Il 39enne visita costantemente il Ticino e frequenta il Carnevale di Bellinzona da una ventina d'anni: «Ovviamente ci sarò anche questa volta».
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LOSANNA - Olivier Souto è un 39enne spagnolo che ha trascorso gran parte della sua vita sui pattini da hockey.

I suoi genitori – nati e cresciuti nella penisola iberica, in Galizia – si sono trasferiti in Svizzera negli anni '70 e si sono sposati a Losanna dove è nato Olivier nel 1985, ma non avevano nessuna idea di cosa fosse l'hockey su ghiaccio. Il figlio però, all'età di quattro anni, aveva già le idee ben chiare e – contrariamente a quanto succede a gran parte dei bambini così piccoli – non è stato messo sui pattini dai suoi genitori, ma ha deciso autonomamente volendo iniziare a tutti i costi questo sport. «Il motivo è abbastanza semplice e tra l'altro credo sia unico nel suo genere», sono state le prime parole di Souto. «All'epoca frequentavo la scuola materna e i responsabili avevano chiesto a un ragazzo delle elementari di portare l'armatura di hockey, per fare una dimostrazione del materiale ai bambini. Ha iniziato a vestirsi indossando parastinchi, calzettoni, pantaloni e in seguito anche corazza, paragomiti e casco. La situazione mi ha subito incuriosito ed essendo in quel momento un appassionato del cartone animato “I cavalieri dello zodiaco” non ho avuto nessun dubbio. Ero sicuro di voler giocare a hockey grazie all'abito, perché volevo assolutamente vestirmi come uno di loro. Non conoscevo ancora questo sport e non avevo mai visto una partita, ma è così che è nato il feeling. Inizialmente i miei genitori erano contrari perché essendo spagnoli non conoscevano questa disciplina, ma ho insistito talmente tanto che un giorno, nel 1989, mi hanno portato alla Malley e mi hanno iscritto alla scuola di hockey».

Dopo aver fatto tutta la trafila nel settore giovanile del Losanna fino alla categoria "Mini", Souto si è trasferito sul finire degli anni '90 nel vivaio dei cugini dello Star Lausanne, fino al 2004. A 19 anni ha poi deciso di proseguire la sua carriera nelle leghe minori – fra Renens e Royal Lausanne – per intraprendere parallelamente un'occupazione professionale e attualmente ricopre la funzione di elettricista capo squadra. «Non essendo un campione, ho optato per crescere a livello professionale, così – terminato il settore giovanile – mi sono immerso nel lavoro, ma ho continuato a coltivare la mia passione per l'hockey giocando nei campionati minori per quasi vent'anni. Nel 2022 ho poi appeso i pattini al chiodo e malgrado non sia diventato un professionista, l'hockey mi ha dato tanto ed è in questo ambiente che ho instaurato dei legami di amicizia incredibili. Nello stesso tempo mi ha trasmesso dei valori importanti e ho potuto trarne beneficio in tutti i contesti. Sul ghiaccio si può essere competitivi, aggressivi e possono anche volare insulti, ma nel 95% dei casi quando termina una partita l'astio e i problemi restano in pista, non si portano fuori. Si usa infatti la competizione come valvola di sfogo e i conti si regolano con lealtà in campo. Si prendono e si danno tantissimi colpi ma alla fine ci si abbraccia e anche il pubblico tende a restare al suo posto. Nel calcio invece, che è uno sport sulla carta meno aggressivo, trovo ci sia molta più violenza repressa, sia fra giocatori sia fra tifosi e spesso si presentano delle situazioni che possono degenerare più facilmente».

In tutto questo tempo Souto si è misurato e ha condiviso lo spogliatoio con alcuni giocatori che hanno poi militato per anni in Lega Nazionale. «Ho giocato in squadra con Laurent Emery, Jerôme e Julien Bonnet, mentre gli avversari più forti che ho affrontato sono senza ombra di dubbio Julien Sprunger, Thomas Deruns e Kevin Romy, con quest'ultimo che era una spanna sopra agli altri. Aveva una forza fisica impressionante e una grande velocità. Giocava nel La Chaux-de-Fonds e ricordo una sconfitta per 10-2, in cui ha messo a referto la bellezza di otto gol e due assist. Sembrava che sul ghiaccio ci fosse solo lui ed era evidente che sarebbe arrivato lontano, così come gli altri due. Il mio idolo? Ho sempre avuto una grande ammirazione per Paul Kariya, storico capitano degli Anaheim Mighty Ducks».

Che legami hai con il Ticino? «Nel corso degli anni ho instaurato un ottimo rapporto con un mio ex compagno di squadra ticinese – che studiava all'università di Losanna – ed è stato lui a farmi conoscere il Ticino. Non avevo mai messo piede nel Cantone italofono prima di conoscerlo, ma è da una ventina d'anni ormai che vado regolarmente al mitico Carnevale di Bellinzona - insieme ad altri ex compagni - e ovviamente ci sarò anche questa volta. In estate ho poi l'abitudine di trascorrere qualche giorno sulle rive del Lago di Lugano. Adoro il Ticino in generale, dal clima al cibo fino ad arrivare alla mentalità delle persone. Mi trovo davvero bene, anche perché i ticinesi hanno la fortuna di imparare fin da piccoli tutte le lingue a scuola e questo permette loro di poter comunicare con chiunque». 

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