Nejib Sendes sostiene la formazione leventinese dal 1978: «Con il club biancoblù è stato amore a prima vista».
Il 68enne: «Sono dell'idea che Luca Cereda sia il miglior allenatore che il club possa avere. Me lo ricordo anche da giocatore, era un vero e proprio talento».
AMBRÌ - Giocatori, allenatori e dirigenti contano tantissimo, ma la vera ricchezza di un club sono i fans e tutti i suoi sostenitori, come Nejib Sendes detto "Billy" di Lugano.
Il 68enne pensionato - che in passato ha svolto la professione di elettricista - è nato e cresciuto in Tunisia, ma da quando è arrivato in Ticino - nel 1978 - è diventato un grande tifoso dell'Ambrì. «Mi sono trasferito a Davesco per amore all'età di 23 anni», sono state le prime parole di Billy. «All'epoca ero in vacanza a Milano e un giorno ho conosciuto per caso una meravigliosa donna ticinese che mi ha fatto perdere la testa. Una volta tornato in Nord Africa avevo solo una certezza, ovvero di raggiungerla in Ticino. Appena ne ho avuto la possibilità ho preso un volo con biglietto di sola andata e non sono mai più tornato a vivere nella mia terra, ci siamo sposati e abbiamo messo al mondo quattro figli. Per quanto riguarda lo sport non conoscevo ovviamente l'hockey su ghiaccio, ma visto che la mia futura moglie era una tifosa sfegatata dell'Ambrì, mi sono ben presto appassionato ai colori biancoblù, che sono diventati una ragione di vita. Ho guardato la prima partita alla Valascia nel 1978 e da allora ho iniziato ad andare con costanza in Curva Sud. È stato amore a prima vista anche con l'Ambrì e vivendo nel Sottoceneri, non mi perdevo un derby nemmeno alla Resega. Da quando la squadra non gioca più alla vecchia Valascia però, non sono più andato alla pista. Mi sono reso conto che il tempo è passato in fretta e che era giunto il momento di darsi una calmata. Adesso guardo i match alla televisione e va benissimo anche così».
Qual è la cosa più pazza che hai fatto per la tua squadra del cuore? «Essendo diventato un punto fermo della Curva Sud, ogni tanto capitava che ci scontrassimo con le tifoserie avversarie e ricordo che in occasione di un derby contro il Lugano - all'inizio degli anni '80 - siamo entrati in contatto con i supporters bianconeri, dove ho rimediato una diffida dalla Resega. Avevo solo 25 anni, ero molto giovane e mi sono ritrovato in una situazione abbastanza critica. Ai tempi non esisteva la sicurezza, ma per una partita del genere era presente la polizia, che nel giro di pochi minuti mi ha buttato fuori. La settimana dopo sono andato alla pista a vedere Lugano-Zurigo per capire la situazione. Ero tranquillo come un agnellino, non ho bevuto nemmeno una birra e nessuno mi ha chiesto niente, per cui ho capito che in futuro sarebbe stato sufficiente restare più calmo per poter entrare».
C’è un giocatore che ruberesti - o del passato avresti rubato - ai cugini? «Non avrei mai preso nessuno che giocava nel Lugano, ma al contrario mi è dispiaciuto molto quando Keith Fair, Rick Tschumi, Krister Cantoni e Ryan Gardner si sono trasferiti nel Sottoceneri. Per quanto riguarda i giocatori che ho particolarmente apprezzato nel tempo spiccano Dave Gardner, Don McLaren, Mike Bullard, Dale McCourt e Peter Jaks, così come Valeri Kamensky, anche se è rimasto in Leventina per poco tempo».
Come valuti il momento della squadra? «Negli ultimi anni è diventata molto più solida e attualmente sta disputando un buon campionato. Per quanto mi riguarda la rosa va benissimo così, il gruppo è competitivo ed è composto da un buon mix di giocatori di esperienza e di giovani talenti. Sono curioso di vedere all'opera il nuovo straniero che ha appena acquistato la società, ovvero Jared McIsaac. Chi preferisco in questo momento? Michael Spacek e Tim Heed».
Cosa pensi della società? «Nel corso degli anni ha sempre lavorato bene ed essendo una piccola realtà, in qualità di tifoso dell'Ambrì, mi sento di ringraziare Filippo Lombardi. Se non fosse per lui, non so che fine avrebbe fatto il club».
Cosa pensi dell’allenatore? «Sono dell'idea che Luca Cereda sia il miglior allenatore che l'Ambrì possa avere. L'Ambrì è la sua squadra del cuore e prima di essere il coach è un grande tifoso. Me lo ricordo anche da giocatore ed era un vero e proprio talento. Purtroppo è incappato in un problema al cuore e la sua carriera è finita troppo presto. Sul ghiaccio aveva un grande potenziale e sono sicuro che si sarebbe reso protagonista di una carriera fantastica, ma il destino ha voluto diversamente».
Vuoi metterci la faccia? Vuoi dare il tuo parere sulla tua squadra del cuore? Contattaci su sport@tio.ch