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PICCOLE STORIEPer Campa una vita in... campo

29.02.24 - 11:05
Il DG del Morbio Gianfranco Campa: «Da noi tanti giocatori dall'Italia? Il calcio da noi è visto più come divertimento ed è meno stressante»
Campa
Per Campa una vita in... campo
Il DG del Morbio Gianfranco Campa: «Da noi tanti giocatori dall'Italia? Il calcio da noi è visto più come divertimento ed è meno stressante»
«L'episodio più spiacevole? La sconfitta a tavolino con il Bellinzona».
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MORBIO INFERIORE - Una vita sui campi da calcio in diverse vesti. Prima come giocatore amatoriale, poi come allenatore e dirigente e non da ultimo come... giardiniere. Gianfranco Campa - oggi direttore generale del Morbio, attuale seconda forza del campionato di Seconda Lega - le ha letteralmente passate tutte e oggi andiamo a conoscerlo meglio.

«Ho sempre giocato a calcio, senza però mai far parte di una squadra. Da ragazzino, il sabato e la domenica, si andava spesso in campo nei mitici tornei dei bar. Si trascorreva tutta l'estate a organizzarne a destra e a manca: l'importante era divertirsi. Avevo una grande corsa, buoni piedi, ma la mia forza era la resistenza. Forse aiutato dal fatto che da piccolo ero un atleta della SAV Vacallo, dove eccellevo nelle staffette».

Prima di prendere in mano il Morbio, sei stato allenatore...
«All'età di 32 anni mi era venuta voglia di fare qualcosa di concreto. Parlando con Otto Stephani, ora nell'organizzazione del FC Chiasso, mi sono iscritto alla Scuola di allenatore, inizialmente a quella dedicata al calcio base per i ragazzini. Recandomi al corso ho incontrato alcuni amici, i quali mi hanno proposto di fare l'esame d'entrata per il GS1 (il livello superiore, ndr), che ho passato. Nel 1995/96 ho dunque preso in mano il Raggruppamento Morbio/Balerna/Novazzano degli Allievi E. Abbiamo diviso i 25 ragazzi in due squadre e, dopo due-tre anni, ero passato ai D, poi ai C fino ad arrivare ai B Champions. In seguito si è formato il famoso Raggruppamento Sud 75B con il Chiasso. Non da ultimo, mi sono anche tolto lo sfizio di fare il patentino B Uefa».

Un impegno che richiedeva molto tempo ed energie...
«Esattamente, ed è per questo motivo che in seguito ho smesso. Ritirando la ditta di mio padre, la Campa Cosimo Sagl, gli impegni cominciavano a diventare tanti e non ero in grado di sostenere il tutto. Per quattro/cinque anni ho dunque allenato i Veterani del Caneggio, una squadra che mi portava via meno tempo con un allenamento a settimana e la partita il venerdì sera».

Ma poi...
«Il mio percorso mi ha portato a diventare il Presidente del Morbio, società alla quale ero già legato in veste di Responsabile Infrastrutture. Siamo quasi subito retrocessi dalla Seconda alla Terza, cogliendo l'occasione per ripartire da un gruppo competitivo che poi negli anni è riuscito a ritrovare la Seconda, categoria che non abbiamo più perso».

C'è una macchia del tuo percorso da presidente...
«L'episodio più controverso era accaduto nel 2015, quando nei quarti di Coppa Ticino avevamo battuto il Bellinzona, prima di perdere a tavolino per aver giocato una quindicina di secondi in dodici. L'ACB, sportivamente, aveva accettato di rigiocare l'incontro che poi però avevamo perso. Ma non tutto alla fine era andato storto, visto che i ricavi della "seconda" partita li avevamo donati a un'associazione benefica nel Sudamerica».

Ancora oggi non hai mollato la "tua" creatura...
«Sì, ma nel 2020 ho ceduto la carica di presidente a Vittorio Santaniello per passare a ricoprire la carica di direttore generale. Dopo diversi anni con Alessio Righi allenatore e Alberto Cecchetto direttore sportivo, che ringrazio per il lavoro svolto, abbiamo voluto dare un'impronta più regionale alla società puntando sugli attuali d.s. Riccardo Vassalli ed Elia Perrone e Alessandro Minelli in veste di coach».

In passato vi era stata mossa la critica di avere troppi pochi giocatori ticinesi in rosa...
«Prima di tutto siamo un paese di confine, Morbio si trova a un chilometro dall'Italia ed è naturale che alcuni vengano a giocare qui. Nei vari settori giovanili delle squadre del Mendrisiotto ci sono tantissimi ragazzi della vicina Penisola che hanno scelto la Svizzera, sia per la qualità delle infrastrutture sia per la professionalità che trovano. Per esperienza vi dico che difficilmente una volta iniziato il percorso in Ticino poi tornano indietro. Il calcio da noi è visto di più come un divertimento e uno sfogo ed è meno stressante che in Italia. Si insegue la vittoria, ma non è un assillo».

Il Morbio è secondo in classifica a -3 dal Malcantone. La promozione è un obiettivo?
«L'obiettivo è quello di rimanere al vertice, senza alcun tipo di pressione. Negli anni puntiamo a salire in Seconda Interregionale, ma non è uno stress. Se dovesse arrivare la promozione bene, altrimenti non ne faremmo un dramma».

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