Joey Isabella ha raccontato qualche aneddoto della sua carriera: «Ricordo con piacere i consigli che mi dispensavano Trudel e Domenichelli».
L'ex attaccante dell'Ambrì ricopre il ruolo di allenatore-giocatore del Cramosina, club di Terza Lega: «È gratificante poter mettere a disposizione dei giovani tutto ciò che ho imparato nella mia carriera ».
BIASCA - Joey Isabella non vuole proprio saperne di appendere i pattini al chiodo. Nella sua carriera l'attaccante ticinese – cresciuto nel settore giovanile dell'Ambrì – ha avuto il merito di militare in tutte le categorie possibili. Nella massima serie il 36enne ha messo a referto 7 punti in 56 partite disputate con i biancoblù, dopodiché in due stagioni fra i cadetti con Neuchâtel Young Sprinters e Basilea ha giocato 74 incontri (9 punti). Infine è sceso in pista 249 volte (141 punti) in Prima Lega con GDT e Chiasso, 6 in Seconda Lega – sempre con i Momò – così come 92 in Terza Lega (255 punti) con il Cramosina, dove ricopre attualmente il ruolo di giocatore-allenatore. «Ho deciso di continuare con la mia grande passione, anche perché senza l'hockey non riesco ancora a stare», sono state le prime parole di Isabella. «Adoro praticare questo sport ed è sempre un piacere scendere sul ghiaccio. Sto disputando la settima stagione al Cramosina e mi diverto molto anche in queste vesti, mi piace il gruppo e per il momento non ho nessuna intenzione di appendere i pattini al chiodo. Personalmente è gratificante poter mettere a disposizione dei giovani tutto quello che ho imparato nel corso della mia carriera e ho inoltre anche la fortuna di poter condividere l'ennesima esperienza con mio fratello Claudio, con cui ho sempre avuto un ottimo rapporto e che ho costantemente ritrovato nella mia vita da sportivo».
L'attaccante sopracenerino è sceso ufficialmente in pista con l'Ambrì nel 2008 – momento in cui ha esordito in prima Squadra – fino al 2011. Il ragazzo è soprattutto ricordato dai tifosi leventinesi per aver realizzato il gol vittoria all'overtime di gara-5 dello spareggio promozione/relegazione del 2011 contro il Visp, in occasione della sua ultima apparizione. Ricordiamo che in virtù di quel gol l'Ambrì ebbe il merito di mantenere il proprio posto nella massima serie. «Ho provato una gioia immensa ed è stata la rete della liberazione un po' per tutto l'ambiente. Avevamo vissuto una stagione molto delicata dove la squadra aveva faticato parecchio, per cui reputo quel gol il più importante della mia carriera. In ogni caso potrei raccontare diversi aneddoti concernenti la mia esperienza in Leventina, anche perché ho iniziato a respirare l'aria dei grandi già nel 2004 – ancora 16enne – e per diverso tempo sono stato convocato con costanza soltanto per prendere parte agli allenamenti. In seguito, dopo il mio esordio, ho disputato due stagioni in cui parallelamente militavo fra i cadetti, ma nel campionato 2010/2011 ho avuto la possibilità di disputare la mia unica annata completa in NL, che ricordo con orgoglio».
Hai esordito con la tua squadra del cuore, dopo aver fatto tutta la trafila nel vivaio. Non è da tutti... «Ho avuto la fortuna di iniziare ad allenarmi con i miei idoli, che in precedenza andavo a vedere alla Valascia. Ho provato delle grandissime sensazioni e poi grazie ai vari campioni con i quali ho avuto l'onore di allenarmi regolarmente ho potuto imparare tanto e crescere in ogni contesto. In tutto questo tempo ne ho visti passare parecchi e fra questi ricordo con piacere soprattutto Trudel e Domenichelli, che mi hanno aiutato dispensandomi tantissimi consigli. Dopo gli allenamenti si fermavano insieme a me per perfezionare i tiri in porta. Avevano sempre qualche tecnica da insegnarmi e anche se in quel periodo non ho disputato nessun incontro ufficiale ho avuto l'opportunità di crescere notevolmente. Dai vari allenatori ho invece imparato diversi metodi e nella mia idea di coach cerco di mescolare le caratteristiche di ognuno che mi hanno colpito maggiormente».
Cosa ne pensi dell'Ambrì attuale? «Seguo sempre la squadra con interesse, anche se il tempo fra hockey minore, obblighi personali e professionali – dove ricopro il ruolo di consulente d'assicurazione presso Axa – è molto limitato. Posso però dire che con l'arrivo di Cereda in panchina i biancoblù hanno sicuramente fatto il salto di qualità. Ha avuto il merito di creare un ambiente più familiare e di plasmare la sua creatura dandole un'impronta ben precisa, che è diventata negli anni sempre più competitiva. Mi piace molto la sua filosofia di gioco, sono un suo sostenitore e penso che sia un coach davvero in gamba».
Un futuro alla transenna non ti stuzzica? «L'hockey per me resta una grande passione, così come un divertimento. Adoro dispensare consigli e collaborare con una squadra che milita nelle categorie minori, ma per il resto sono concentrato al massimo sulla mia professione che pratico da ben dodici anni, dato che ho iniziato proprio quando sono andato via da Ambrì. Devo dire che in tutto questo tempo le strategie e i modi di pensare imparati nell'hockey mi sono poi stati utili nel mio lavoro, come l'attitudine, la gestione delle situazioni delicate oppure lavorare in gruppo per un obiettivo comune. È un periodo in cui mi sto togliendo le mie soddisfazioni e con tutta sincerità non mi vedo in futuro sulla panchina di una grande squadra, anche se nella vita non si sa mai ciò che può succedere».