«All’inizio ero un po’ spaventato. Le prime settimane sono state difficili»
«La mia giornata? Convitto, scuola e campo. Qui si respira aria di professionismo»
PARMA - Il Team Ticino è stato il punto di partenza. Il punto d’arrivo non è però stato il Lugano di Mattia Croci-Torti. Non lo è stato perché, semplicemente, Gabriel Morisoli non è ancora arrivato. A 16 anni, d’altronde, non potrebbe essere diversamente. Nel suo percorso di crescita, il giovane talento ticinese ha però fatto una scelta coraggiosa: ha deciso di virare con forza, di uscire dalla strada tracciata per percorrerne un’altra irta di ostacoli. Ha deciso di continuare a rincorrere il sogno di diventare un calciatore spostandosi a Parma.
Non dall’altro capo del mondo, certo. Per un giovane che avrebbe potuto continuare ad allenarsi a Tenero e a vivere in famiglia e che, invece, ha preso armi e bagagli e ha ricominciato da zero, il passo è stato in ogni caso enorme.
«Ho avuto quest’offerta dall’Italia - ci ha spiegato proprio Gabriel - e per me, difensore, poter andare alla scuola della difesa… Ciò che mi ha spinto a cambiare non è comunque stata solo una motivazione “calcistica”. Volevo crescere come persona. Per questo ho deciso di uscire dalla comfort zone».
Casa con la famiglia, amici accanto…
«Fino a qualche mese fa la mia vita era quella, quella di un normale 16enne. Ora invece è tutto diverso. I miei genitori sono molto presenti e Parma non è, per fortuna, molto distante dal Ticino - è come andare a Zurigo, diciamo - per questo continuo a vederli con continuità. Mio papà, poi, viene ogni weekend per seguire la partita. Devo ringraziarli molto. Come devo ringraziare gli amici con i quali sono cresciuto e Tommaso Manicone, che mi ha consigliato di trasferirmi in gialloblù. C’è poi un’altra persona, speciale, della quale non posso non parlare: la mia ragazza Alyssa. Potete immaginare quanto duro sia stato partire e lasciarla in Ticino. Ci sentiamo spessissimo, certo, ma ci vediamo molto poco: non è semplice».
La tua vita adesso è casa e campo?
«Convitto, scuola e campo, per la precisione. Questa è la mia giornata. Sto in una delle due strutture gestite dalla società emiliana. La mia è fuori dal centro sportivo e vicina al centro città, e questo mi agevola la mattina quando devo andare a scuola. Con altri ragazzi condivido una routine che parte dalla colazione, passa dalle lezioni in istituto, il pranzo insieme e poi il viaggio al centro sportivo per palestra e allenamenti. In serata, infine, torniamo al convitto per studio e cena. Tutto è organizzato molto bene. Ci sono dei “sorveglianti” del club che sono dei docenti: garantiscono la sicurezza e… se necessario ci aiutano anche con la scuola. In generale possiamo comunque gestirci in autonomia: oltre che sul rettangolo verde, dobbiamo dimostrare di essere maturi anche nella quotidianità. La società ci tiene tanto».
Tutto organizzato, tutto bello. Fossi brasiliano ti chiederemmo della saudade…
«All’inizio ero un po’ spaventato. Le prime settimane sono state difficili, devo ammetterlo. Però, se devo essere sincero, quest’avventura me l’aspettavo più dura. Tutto è andato bene anche perché gli altri ragazzi mi hanno aiutato molto, mi hanno accolto subito nel gruppo. Ora qualcuno non è più un semplice compagno: stiamo insieme 24 ore al giorno, si creano forti amicizie».
E decollano carriere.
«Questo non lo so, non posso dirlo. Quel che posso dire è invece che qui c’è tutto per dare il massimo. Nonostante io faccia parte “solo” del Settore giovanile, a Parma si respira infatti aria di professionismo. Ti senti, così, al 100%. I miei idoli sono Hakimi e Alexander-Arnold; sarebbe fantastico, partendo da qui, dove hanno mostrato grande fiducia e scommesso su di me garantendomi un contratto triennale, riuscire a ripetere anche in minima parte quello che sono riusciti a fare quei due calciatori. È una speranza ovviamente, un sogno: pur motivatissimo non so infatti dove davvero potrò arrivare. Io mi impegno a fondo, ma le carriere… non si sa mai che può accadere».