L'82enne scozzese, indimenticabile manager a 360°, ha vinto 49 trofei sulle panchine di St.Mirren, Aberdeen e del suo United (38)
Coi Red Devils, insieme ai suoi ragazzi d'oro, è entrato nella storia del calcio. Livio Bordoli: «Ha avuto tempo ed è diventato il numero uno. Oggi o vinci subito, o sei fuori. Ciò non toglie che a Manchester hanno perso la bussola».
MANCHESTER - C’era una volta il Manchester United. C’era una volta la squadra di Sir Alex Ferguson, timoniere diventato un monumento del club (almeno fino allo scorso 15 ottobre) e un Indimenticabile dello sport. Un manager visionario capace di plasmare una creatura che a partire dagli anni ‘90 ha vinto di tutto e di più, sia in Patria che in Europa.
Un visionario capace di plasmare una creatura che ha vinto di tutto e di più, sia in Patria che in Europa. Di pari passo in quegli anni d’oro procedeva la crescita del brand e si espandeva la fama dei Red Devils. In un mondo diverso e meno globalizzato da quello moderno non era “scontatissimo”, ma anche alle nostre latitudini si iniziavano a incontrare nelle scuole calcio dei giovani con le maglie dei vari Cantona, Giggs e Schmeichel. Tempi passati. Il marchio nel frattempo ha superato il miliardo (questo sì) e i ricordi restano, ma quella gestione oculata è lontanissima. Oggi lo United è l’esempio di una pessima amministrazione a livello sportivo, con valanghe di milioni gettati regolarmente al vento.
“Indovina chi?”. Non è il gioco da tavola che ci teneva compagnia da bambini, ma se vi chiedete chi sarà il prossimo giocatore bruciato dal "tritatutto" Red Devils siete in ottima compagnia. L’ultimo di una lista dalle proporzioni imbarazzanti è Zirkzee, arrivato in estate tra l'entusiasmo generale ed evaporato in un amen. Ma non siamo qui per questo. Oggi vogliamo ricordare la parte più bella di questa storia, ovvero celebrare e piazzare simbolicamente Alex Ferguson tra i nostri “Indimenticabili”, a poco più di 38 anni dal suo patto coi Diavoli (era il 6 novembre 1986).
L’ascesa
Onesto attaccante, ha iniziato la sua carriera da giovanissimo con la maglia del Queen's Park - a Glasgow, sua città natale - ma è da allenatore che è diventato un simbolo. Prima con l'East Stirlingshire (1974), poi col St. Mirren, riportato nella massima serie scozzese nel 1977. Risultati che attirano l’attenzione dell’Aberdeen, suo vero trampolino di lancio. È una ventata d’aria fresca, una luce. Nel 1980 porta l'Aberdeen a vincere la Scottish Premier Division spezzando l’egemonia di Celtic e Rangers, che si erano spartiti gli ultimi 14 titoli. Nel 1983 altra impresa, con uno storico “treble”. Campionato, Scottish Cup e Coppa delle Coppe, battendo 2-1 in finale il Real Madrid di Alfredo Di Stefano. Lungo il cammino anche due sonoro batoste al “nostro” Sion (11-1 tra andata e ritorno). Tra il 1985 e 1986, oltre a quello di allenatore dell’Aberdeen, ricopre in contemporanea il ruolo di ct della nazionale scozzese, che porta ai Mondiali in Messico.
Al Diavolo
Nel 1986 passa allo United e dal basso costruisce un impero. Difficili i primi anni, come era difficile pensare che quel legame avrebbe dato vita a un'epoca d’oro di tale portata. A rischio esonero nelle prime stagioni, Ferguson tiene duro e dopo tre anni e mezzo arriva il primo trofeo, con la Coppa d’Inghilterra vinta nel 1990. Altro punto di svolta la prima Premier League, conquistata nel ‘93 interrompendo un digiuno durato 26 anni. Lo definirà come il momento migliore della sua vita. «C’erano migliaia di tifosi e non potevo uscire dal parcheggio. Quel giorno avrebbero potuto anche nominarmi presidente».
Con la rotta ormai tracciata inizia un ciclo clamoroso. Con lo United alzerà in totale 38 trofei, tra cui 13 Premier, 2 Champions, 1 Mondiale per Club e una Intercontinentale. Da manager a tutto tondo ha scelto e gestito magistralmente una moltitudine di campioni come Roy Keane, Van Nistelrooy, Cantona e Stam. Il roccioso difensore resta anche un suo "rimpianto", poiché - con una scelta della quale si pentì - lo vendette frettolosamente alla Lazio nel 2001 comunicandogli la cessione in una stazione di servizio.
Parlavamo di campioni e futuri tali. Alcuni di questi entrati a 12-13 anni nel settore giovanile del Manchester, “catapultandosi” con lui nella storia del calcio. I cosiddetti ragazzi della “classe ‘92”. Pupilli come Beckham, Giggs, Scholes, Nicky Butt e i fratelli Neville, con i quali ha posto le basi di tanti successi.
Esempio e oracolo
«Quando pensi a un manager ti viene in mente Sir Alex Ferguson - interviene Livio Bordoli - Abilissimo nelle scelte e non parlo solo di giocatori. Si è sempre avvalso di collaboratori bravissimi come Queiroz e sotto certi aspetti ha rivoluzionato questo ruolo. È stato un esempio e in tanti, anche alle nostre latitudini, avrebbero voluto creare nella loro società una figura di quel genere. Ovviamente con le dovute proporzioni. Negli anni è diventato un simbolo come ora lo può essere Guardiola. È stato un esempio e diciamo pure un “oracolo”. Anche dopo il ritiro molti gli chiedevano consigli».
Le Champions
La finale del 1999 è stata tra le più emozionanti di sempre. Red Devils campioni grazie ai gol - entrambi oltre il 90’ - di Sheringham e Solskjær (suo 12esimo uomo sempre pronto ad entrare e cambiare le sfide)), che ribaltarono il Bayern Monaco 2-1 cancellando il vantaggio firmato da super Mario Basler. Nel 2008 il secondo sigillo nel derby inglese col Chelsea di Terry. Trionfo ai rigori con Van der Sar eletto MVP. Gioia e gloria per quella squadra che annoverava anche Ronaldo (definito come «il maggior talento che abbia mai allenato»).
La fine del regno
1’492 partite tra tutte le competizioni, di cui 1'035 in Premier (625 vittorie). Il suo regno è durato fino al 30 giugno 2013. Con lui lo Unted ha perso solo 22 partite con 3 o più gol di scarto in campionato. Dal suo addio, nelle successive 424 partite, sono stati ben 23 i ko così pesanti. Un dato che rende l'idea dell'involuzione del gruppo.
A Old Trafford gli hanno dedicato una statua, mentre nei pressi dello stadio c’è una strada che porta il suo nome. Nel luglio del 1999 è stato nominato “Sir” dalla Regina Elisabetta II. Nel 2012 è stato anche insignito del prestigioso titolo di miglior allenatore del XXI secolo.
Il crollo del monumento
Non nel cuore dei tifosi, questo mai, ma da organigramma societario. Da ottobre la proprietà dei Red Devils ha deciso di interrompere il contratto di ambasciatore del club firmato da Ferguson nel 2013. Dopo 38 lunghi anni l'allenatore-simbolo scozzese - che nel 2018 ha «schivato un proiettile» sopravvivendo a un'emorragia cerebrale - è così destinato a diventare un semplice “tifoso”. La fine, questa volta per davvero, di un’era.
Da isola felice a tritatutto
«Lo dico senza mezzi termini: hanno perso la bussola e al momento sono scandalosi - aggiunge Bordoli - Dopo di lui hanno cambiato nove allenatori in un decennio. Ora hanno pagato 11 milioni allo Sporting per la clausola di Amorim, che ha preso il posto di Ten Hag. Una vergogna. Vuol dire che di soldi da buttare ce ne sono. Non c'è programmazione e nei piani alti dovrebbero andarsene tutti a casa… Certo un tempo era anche diverso e Ferguson ha avuto tempo. Oggi o vinci subito o sei fuori». Intanto per risparmiare hanno tagliato sul suo ruolo di ambasciatore. «Fa sorridere. Però, oggettivamente, era un totale eccesso che guadagnasse ancora oltre 2 milioni. Ha fatto la storia e forse bastava un ruolo simbolico, più altri benefit che certo non mancano. È una società che sta pasticciando a 360°».